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Università, tasse alle stelle e crollo delle borse di studio: è boom dei disoccupati laureati

lunedì 3 novembre 2014, di Valentina Brazioli

Università italiana, l’inarrestabile galoppare delle tasse universitarie, accompagnato, in parallelo, da un crollo vertiginoso delle borse di studio messe a disposizione per gli studenti meritevoli ma privi di mezzi, è quanto caratterizza l’inizio di questo anno accademico, che non potrà certo essere ricordato tra i più fortunati. La nostra Costituzione, infatti, (precisamente l’articolo 34) sancisce a chiare lettere come chi merita debba essere messo in condizione di raggiungere “i più alti gradi negli studi”, indipendentemente dal reddito a disposizione. Eppure, la fotografia che ci offre la relazione Eurydice della Commissione europea, rappresenta appieno la distanza tra i diritti sanciti sulla carta e la dura realtà dei fatti. In Italia meno di 8 studenti universitari su 100 ottengono le borse di studio, erogate sia in base al merito, sia per necessità economiche.

L’altra faccia dell’Europa, dove le tasse universitarie sono gratis

Dando un’occhiata a quanto accade nel resto d’Europa, stupisce apprendere quanti Paesi non prevedano alcun tipo di tassa universitaria. Non serve scomodare i virtuosi esempi di Svezia e Finlandia: anche la vicina Germania ha recentemente abolito le tasse, ma persino economie meno floride come quella della Grecia e della Turchia hanno deciso di garantire l’istruzione gratuita fino alla laurea di primo livello.

E’ boom di disoccupati laureati in Italia

In un panorama così delineato, è almeno lecito sperare che i genitori italiani, una volta sovvenzionati i sudati studi dei loro figli, possano tirare un sospiro di sollievo e godersi il frutto dei loro sacrifici? Non proprio: i dati occupazionali nel nostro Paese non lasciano ampi margini di speranza. Basti pensare che, nel solo 2013, i laureati disoccupati sotto i 39 anni erano il 12,7 per cento: decisamente peggio della media Ue (dove si assestano all’8,7 per cento). Certo, la magra consolazione è che ce la caviamo comunque meglio della Spagna (dove i disoccupati incoronati con l’alloro sono addirittura il 20 per cento) ma siamo a distanza a dir poco siderale dalla vicina Francia (dove sono appena il 7,3 per cento), dal Regno Unito (4,8 per cento) e dall’eterna prima della classe Germania (2,8 per cento).

Quanto vale la laurea in Italia?

Ma laurearsi conviene ancora? Sì, anche se con considerevoli differenze tra le diverse fasce anagrafiche. Secondo dati Job pricing, fra i 25 e i 34 anni avere una laurea triennale vale 746 euro in più ogni anno, che diventano 3 mila fra i 35 e i 44 anni e arrivano fino a 10.700 nella fascia 45-54 anni. Eppure, il merito talvolta è ancora un miraggio: in Italia Almalaurea certifica che solo il 24 per cento dei manager sono laureati, contro il 53 per cento della media Ue.

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