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Terra dei Fuochi: ci sono rischi per la sicurezza alimentare?
martedì 5 novembre 2013, di
Terra dei Fuochi, terra di veleni. La desecretazione delle dichiarazioni del pentito Schiavone, che già nel 1997 lanciava il suo lugubre oracolo:
Entro venti anni gli abitanti di numerosi Comuni del Casertano rischiano di morire tutti di cancro,
ha riacceso i riflettori su quanto da decenni accade, con l’inerzia o la connivenza della politica, in quella zona maledetta tra le province di Napoli e di Caserta, avvelenata dalla diossina e dagli sversamenti illegali di rifiuti tossici.
Terra dei fuochi e tumori
Un business estremamente redditizio per le ecomafie, giocato tutto sulla pelle dei cittadini campani: è infatti recente l’avvio di un’inchiesta della commissione Sanità del Senato sul possibile collegamento tra l’inquinamento e l’aumento di patologie tumorali. Ciò che al momento emerge con certezza, è non tanto la maggiore frequenza ma la maggiore mortalità: nel territorio della Asl di Napoli 3 sud le neoplasie più ricorrenti riguardano polmoni, laringe e, soprattutto, fegato con una mortalità che per gli uomini avviene in 250 casi su 100.000, quando invece a livello nazionale il dato si attesta a 228.
Terra dei fuochi ed economia campana
Maurizio Maddaloni, Presidente della Camera di Commercio di Napoli, nel corso del Forum sulla sicurezza alimentare nella sede dell’ente camerale partenopeo ha dichiarato:
La Terra dei Fuochi va a ledere l’attività produttiva ed il commercio.
Le numerose campagne volte a sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto è accaduto (e continua ad accadere) nella Terra dei Fuochi, infatti, hanno involontariamente scatenato i timori dei consumatori dei prodotti agroalimentari. Si è arrivati, quindi, a mettere a rischio un comparto irrinunciabile dell’economia campana, che ha un indotto economico ed occupazionale fondamentale e che deve essere assolutamente tutelato. Su Il Mattino di Napoli si parla di un crollo delle vendite pari al 30-40% in meno. In pratica: da regione simbolo dell’eccellenza dell’agroalimentare made in Italy, a bollino nero di terra avvelenata.
La campagna Pomì e le polemiche
A scatenare ulteriori polemiche, la decisione dell’azienda italiana specializzata nella lavorazione dei pomodori, Pomì, di cavalcare l’onda dei timori sulla sicurezza dei prodotti alimentari partenopei, incentrando tutta la sua nuova campagna pubblicitaria sulla provenienza certificata dei suoi pomodori: 100% padani. Neanche una parola sulla Terra dei fuochi, ma ai più il riferimento è sembrato subito evidente: nella sua pagina ufficiale su Facebook, l’azienda fa infatti riferimento a “recenti scandali di carattere etico/ambientale che coinvolgono produttori ed operatori nel mondo dell’industria conserviera” . Le reazioni non sono mancate, e le accuse di strumentalizzazione (se non addirittura di sciacallaggio) sono piovute copiose.
Il ministro delle Politiche agricole: prodotti italiani i più controllati
Non ultima, la dura posizione del ministro delle Politiche agricole e forestali, Nunzia de Girolamo, che ha stigmatizzato la discutibile scelta di marketing, dichiarando:
I prodotti italiani tutti sono sicuramente i più controllati, è di oggi la notizia, diffusa da Unioncamere e dalla Fondazione Symbola che le produzioni agricole del nostro Paese hanno residui chimici 5 volte inferiori alla media europea.
