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Syriza: il nuovo piano economico passa ma il partito si divide
sabato 11 luglio 2015, di
In quest’ultima settimana, a seguito del referendum in cui ha prevalso una larga maggioranza favorevole al rigetto dell’accordo proposto dalla Commissione Europea, il governo greco ha concluso i termini per un nuovo programma di aiuti. Un accordo che ha suscitato perplessità da parte di molti cittadini e commentatori, ma soprattutto all’interno dello stesso partito guidato dal premier.
Infatti, nelle ore precedenti al voto parlamentare sul nuovo piano sono cominciate le fibrillazioni all’interno di Syriza. 5 esponenti (Stathis Leoutsakos, Antonis Ntavanelos, Sophie Papadogiannis, Costas Lapavitsas e Thanasis Petrakos) della minoranza del partito, Piattaforma di Sinistra, hanno emesso un comunicato in cui dichiarano senza mezzi termini che, a queste condizioni, preferirebbero l’uscita dalla moneta unica europea:
"senza un compromesso positivo riflesso in un programma che ponga fine all’austerità, fornisca liquidità sufficiente per l’economia, porti alla ripresa economica, e comprenda una maggiore cancellazione del debito, [il governo sia] pronto a seguire un percorso progressivo alternativo che metta in dubbio la presenza del nostro Paese nella zona euro, ed insieme interrompa il rimborso del debito."
Il documento chiede, contestualmente, la nazionalizzazione del sistema bancario e un piano di investimenti pubblici che stimoli anche quelli privati, entrambi possibili una volta riconquistata la sovranità monetaria e la possibilità di immettere liquidità nell’economia.
Piattaforma di Sinistra esprime, tra le altre, una figura importante come Panagiotis Lafazanis, Ministro dell’Ambiente, che nel giorno del raggiungimento dell’accordo ha espresso chiaramente il suo dissenso per l’accordo raggiunto dal governo greco in sede europea, giudicandola "non compatibile con il programma di Syriza": circostanza, questa, ammessa anche dal premier Tsipras durante il suo ultimo discorso al Parlamento, nel chiedere comunque l’approvazione del piano:
«L’accordo non è ciò che avevamo promesso, e neppure ciò in cui crediamo. Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che il programma che ci viene chiesto è molto difficile da accettare, ma è pur sempre migliore di quello precedente".
Al momento del voto, l’accordo è infine passato con 251 sì e 32 no. Ma tra i sì vanno inclusi anche i voti, oltre che degli alleati di governo di Syriza (il partito nazionalista ANEL), anche quelli delle opposizioni: Nuova Democrazia, PASOK e To Potami.
Nel principale partito di maggioranza si contano 17 defezioni:
8 deputati si sono astenuti, tra cui Lafazanis, Dimitris Stratoulis (Ministro Alternativo per le Assicurazioni Sociali), Lapavitsas, Leoutsakos e lo speaker del Parlamento Zoi Konstantopoulou, del quale membri di Nuova Democrazia e della stessa Syriza chiedono ora le dimissioni;
2 deputati hanno votato contro;
7 deputati erano assenti. 4 di loro hanno rilasciato una dichiarazione:
"La legge non è un’autorizzazione al governo di negoziare con i creditori, ma un impegno per un 3° bailout, che è scritto secondo le richieste dei creditori stessi e che farà precipitare il Paese in ulteriori problemi economici".
Tra gli assenti, spicca il nome dell’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, che però ha tenuto a specificare che l’assenza è stata dovuta a questioni familiari e che non dovrebbe essere interpretata in altro modo; ciononostante, secondo voci di corridoio, Varoufakis sarebbe contrario all’accordo raggiunto e l’avrebbe anche segnalato ad esponenti di Syriza.
Infine, 15 deputati (fra cui due Ministri Alternativi, carica simile ai Ministri senza Portafoglio italiani) hanno rilasciato un comunicato stampa nel quale affermano di essere contrari all’accordo ma di aver votato sì solo per non mettere in difficoltà il governo.
Tirando le somme, per il governo potrebbe non essere affatto facile approvare le prossime misure economiche derivanti dall’accordo con la sola coalizione che finora l’ha sorretto. Tanto è vero, che si parla già di possibile nuova maggioranza comprendente anche Nuova Democrazia e Pasok oppure di dimissioni del premier , a cui potrebbe seguire la nomina di un nuovo governo o le elezioni.