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Spagna, elezioni Catalogna: Artur Mas vince, ma CIU perde seggi.

lunedì 26 novembre 2012, di Valentina Pennacchio

Urne chiuse in Catalogna. I pronostici sono stati rispettati: Artur Mas vince e si conferma alla guida della regione autonoma. Tuttavia, si tratta di una vittoria relativa (37% dei voti), che lascia un po’ di amaro. Convergenza e Unione (CIU), partito del leader, subisce una flessione. Non raggiunge la “maggioranza eccezionale” (68 seggi su 135), anzi perde seggi rispetto ai 62 della precedente legislatura. Al contrario, il partito indipendentista di sinistra Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) con il 15,5% delle preferenze cresce di 11 seggi. Terzo il Partito socialista con il 14,8% dei voti, seguito dal Partito Popolare che raggiunge il 14%.

Perchè Artur Mas ha perso la maggioranza?

Il 70% degli elettori presentatisi alle urne ha fatto scontare ad Artur Mas sia le accuse di corruzione, sia le politiche di austerità per il salvataggio economico della Catalogna, che hanno causato, tra le altre cose:

 la decurtazione del 20% dello stipendio per i dipendenti pubblici
 la riduzione di 1/3 dei beneficiari del reddito minimo sociale

Nonostante la delusione di essere distanti dalla maggioranza sperata, Artur Mas ha dichiarato che “non esiste nessun governo alternativo”. D’altra parte l’elettorato ha fatto una precisa scelta politica: tra le varie strade da percorrere (indipendenza, federalismo, autonomia regionale), i catalani hanno scelto l’indipendenza. Almeno così pare.

L’indipendenza si allontana?

Il problema dell’indipendenza ora sta nella governance. La trattativa con il governo centrale di Madrid rispetto all’organizzazione del referendum non potrà essere autonoma ed esclusiva per Convergenza e Unione (CIU), ma dovrà essere mediata con altre forze politiche, in primis con l’ERC. Una soluzione, secondo molti, davvero complicata in vista di una nuova finanziaria segnata ancora da austerity e tasse. Inoltre, questa non è l’unica difficoltà, bisogna fare i conti con la Spagna e l’Unione Europea.

Ostacoli per l’organizzazione del referendum

 Spagna. Teoricamente lo Statuto della Catalogna consente alla regione di indire un referendum, ma che sia coerente con la costituzione spagnola e che, quindi, non presenti intenti secessionisti. A tal proposito, l’art. 2 della Costituzione spagnola sancisce “l’indissolubile unità della Nazione spagnola”.

Tra le competenze esclusive dello Stato stabilite dal comma 1 dell’art. 149 della Costituzione vi è inoltre quella di “convocazione di consulte popolari per mezzo di referendum” (punto 33), che viene indetto dal Re nei casi previsti dalla Costituzione stessa (art. 62, lettera c). Il Re deve essere autorizzato dal Parlamento, a sua volta interpellato dalla Generalitat, il sistema istituzionale in cui è organizzato il governo autonomo della Catalogna.

 Unione Europea. La Catalogna, in qualità di Stato secessionista, sarebbe fuori dai Trattati UE, come già precisato dalla Commissione Europea qualche anno fa rispetto agli Stati di “nuova indipendenza”. Ciò avrebbe dei risvolti economici importanti se consideriamo il debito della regione e il rispetto dei criteri di Maastricht per aderire all’Eurozona. La questione è analoga per la Nato, perché la Catalogna dovrebbe dotarsi anche di forze armate.

Il dubbio: l’indipendenza è solo un paravento?

C’è chi ipotizza che l’ipotesi referendaria (tra l’altro di dubbia legalità) sia una sorta di “ricatto morale” al fine di ottenere maggiori concessioni dalla Spagna, soprattutto in ambito finanziario.

D’altronde, dall’analisi del disavanzo di bilancio e del forte indebitamento, riuscirebbe la Catalogna a sopravvivere da sola, senza un governo centrale a cui appoggiarsi per le spese correnti?

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