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Scandalo al Governo: miliardi di euro persi con il No alla messa in gara delle concessioni autostradali

mercoledì 6 settembre 2017, di Erasmo Venosi

Un debito pubblico cresciuto di 630 mld nell’ultimo decennio e un consolidamento fiscale tra il 2007 e 2013 di 330 mld tra nuove tasse e tagli di spesa. Si presenta l’opportunità della messa in gara delle concessioni autostradali ma il ministero delle infrastrutture decide le proroghe, con un conseguente gran regalo fatto ai concessionari.

Altissimo debito pubblico, bassa crescita e con un numero di lavoratori tornato quasi al livello prima della crisi iniziata nel 2008 ma il numero delle ore di lavoro sono di un milione inferiori a quelle del 2008. In tale situazione il rinnovo delle concessioni autostradali scadute era una grande opportunità per lo Stato di introitare almeno 7 mld di euro attraverso la gara di 8 concessioni scadute. Concessioni, invece, rinnovate con regalo a enti pubblici territoriali e a soggetti privati.

Il Pil dell’Italia, dopo 10 trimestri di segno positivo è ancora di 6,5 punti sotto i livelli del 2008, mentre il Pil dei paesi che usano l’euro è da metà 2015 ai livelli pre-crisi. Italia e Grecia non ha ancora recuperato il PIL rispetto al 2008. A questi dati si aggiunga un consolidamento fiscale fatto, tra il 2007 e il 2012, per 182 mld di nuove tasse e 148 mld di tagli di spesa. Gli interessi pagati dall’Italia, tra il 2007 e oggi, ammontano a circa 630 mld di euro.

La differenza tra entrate e uscite nello stesso periodo è stata pari al 14,1% del PIL, ovvero 212 mld di euro, usata per pagare una parte degli interessi mentre la restante quota è stata finanziata con altro debito. Debito che nel decennio è cresciuto di circa 600 mld. Più di un quarto del debito pubblico totale è stato creato negli ultimi 10 anni. Nei prossimi 5 anni il debito pubblico da rifinanziare ammonta a 1000 mld di euro. L’ex presidente di Istat e ministro del Governo Letta, finalmente, dice la sua sulla questione occupazione.

Il numero dei lavoratori è tornato quasi al livello ante crisi del 2008, ma il numero di unità lavorative (le ore di lavoro) sono inferiori di un milione rispetto al 2008. Questa sfilza di dati sono stati forniti per ribadire quanto è a tutti evidente, e cioè che senza diminuzione del debito pubblico e ricerca dell’efficienza della spesa pubblica il paese annegherà permanentemente in basse crescite, come avviene da un quarto di secolo.

Diminuzione di debito come condizione per il rilancio della crescita. Una grande opportunità si è presentata con la scadenza delle concessioni autostradali e i contratti di programma, sezione investimenti di Fs e Anas, per scalfire la montagna del debito. Occasione abortita dalle scelte di un governo e ancor più di un ministro delle infrastrutture che hanno badato come avviene da sempre più ai concessionari autostradali e a gruppi di potere dentro Fs che al cittadino/contribuente/utente. La direttiva UE 23/2014 fissa a 5 anni la durata delle concessioni incidendo quindi sul rinnovo delle concessioni autostradali, che rappresentano la pacchia per i “signori del casello”.

Ventisette i concessionari per 6800 km di autostrade di cui 5900 Km a pedaggio. Il grosso del mercato è spartito da due operatori: la famiglia Benetton, che con la holding Sintonia detiene il 48% di Atlantia Spa (ex Autostrade per l’Italia), gestendo circa 3000 km di autostrade. Altri 1340 km sono gestiti dal Gruppo Gavio. I restanti km sono gestiti da concessionarie controllate da Enti locali. La gran parte delle autostrade risultavano ammortizzate già prima della privatizzazione del 1999.

Il Governo italiano ha fatto grandi regali ai concessionari autostradali se solo si pensa che, utilizzando il saldo ricavi costi (MOL) del 2013 di 8 concessioni in scadenza e prorogandoli per un numero di anni che variano dai 30 dell’Autobrennero ai 10 della Brescia/Padova si perviene a un maggiore flusso di cassa di 18 mld di euro. Tutti ricavi da pedaggio che dovrebbe remunerare i costi di investimento, gestione e profitto del capitale investito. Una autostrada il cui costo è stato ammortizzato dovrebbe essere gestita con un pedaggio che copre i costi di gestione e remunerare il capitale.

Diversamente, come da anni dice il prof Regazzi, diventa una imposta occulta non deliberata dal Parlamento. Il Governo, con il rinnovo delle concessioni che in un paese serio dovrebbero essere o soggette a gara o tornare allo Stato, per essere gestite rinuncia ad almeno 7 mld di euro se corrisponde al vero che i concessionari effettueranno investimenti per 11 mld di euro. La lettura “politica” delle concessioni porta a avanzare altre ipotesi facendo riferimento alla proroga della concessione dell’Autobrennero. Quale la condizione posta dal ministro delle infrastrutture per evitare la gara coerentemente con la norma comunitaria?

La costituzione di una nuova società fatta da enti locali o investimenti da effettuare.

L’Autobrennero è ora detenuta da una nuova società costituita da enti locali. Il valore della concessione utilizzando il MOL 2013 ammonta a 4,5 mld. Allo Stato vanno 1,6 mld. Bisogna tener conto che i pedaggi sono rivalutati ogni anno utilizzando il principio del “price cap”, che considera inflazione, produttività e qualità del servizio.

La realtà è che comunque dal 2005 al 2015 i pedaggi autostradali sono aumentati del 44,6%, a fronte di una inflazione cumulata del 18,1%.
La differenza di 26,2% dovrebbe essere giustificata a minori flussi di traffico e a maggiori investimenti.
I ricavi da pedaggio nel 1993 erano di 2,5 mld e nel 2014 di 6 mld. Inoltre gli investimenti complessivi dei concessionari sono diminuiti. Chi dovrebbe vigilare sui concessionari? Un paese che ha creato autorità indipendenti per la tutela dell’utente e del contribuente dovrebbe riconoscere all’Autorità dei Trasporti questo compito. Invece no! Le concessioni autostradali fanno eccezione: il compito è del Ministero delle Infrastrutture attraverso un organismo chiamato “vigilanza sui concessionari”, che da 10 anni è diretto dallo stesso soggetto.

Le “riforme” del ministro sulla struttura ministeriale? Zero! Tranne che sul chiacchieratissimo Ufficio di Missione. All’Autobrennero è legato anche il rinnovo senza gara della autostrada Bs/Vr/Pd. Concessione che evita la gara solo se si realizza il prolungamento nord dell’autostrada Valdastico verso Trento. Valdastico conosciuta come PiRuBi (iniziali di tre potenti politici veneti e trentini) che vollero questa autostrada, che è miseramente deserta. Parleremo in un prossimo articolo di questa “fertilizzazione incrociata” tra Autobrennero/A 4 e Valdastico Nord, del business tra enti pubblici e soggetti privati.

L’interrogativo è: può uno Stato nelle condizioni di finanza pubblica in cui si trova non massimizzare gli introiti mettendo a gare le concessioni? Può un ministro delle infrastrutture decidere di concedere un’autostrada ammortizzata, di proprietà quindi dello Stato, a una nuova società di enti pubblici di tre Regioni Trentino, Emilia e Veneto?

La conclusione amara è che nell’ultimo decennio gli investimenti in infrastrutture hanno coinciso prevalentemente con alta velocità, nuove autostrade, superstrade a pagamento, raccordi decise senza alcuna valutazione, ma sotto dettatura di potenti gruppi di interesse privati e aggregati trasversali che formano gruppi politici e sindacali.

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