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Salario minimo, gli Usa guardano alla Germania. E in Italia?

sabato 7 dicembre 2013, di Valentina Brazioli

Salario minimo, un argomento che da mesi scuote le coscienze in alcuni Paesi europei ma non solo: è molto recente il via libera da parte della Germania, dove la contrarissima cancelliera Angela Merkel ha dovuto cedere sul tema proprio per le esigenze legate al Governo di Grosse Koalition, per la cui nascita è stato necessario cedere alle pressioni della Spd in materia. Ma ancora più recenti sono le riflessioni degli Stati Uniti in merito, dove gli addetti ai fast food hanno scioperato per 24 ore chiedendo l’aumento del salario minimo federale, dagli attuali 7,25 dollari all’ora, fino a 15 dollari. Ricordiamo, infatti, che pur trattandosi di uno dei settori forse simbolo del mondo della cultura a stelle e strisce, i dipendenti che ci lavorano registrano le paghe tra le più basse in assoluto.

Differenze tra Usa e Germania

Anche se sembra improbabile che riescano a ottenere l’aumento dell’entità richiesta, il presidente Obama pare si sia detto disponibile a concordare un incremento tale da a raggiungere i 10,1 dollari l’ora, cosa che avvicinerebbe i salari dei dipendenti dei fast food americani al salario minimo tedesco. Quest’ultimo, infatti, che sarà introdotto a partire dal 2015 in tutta la Germania e per tutte le categorie di lavoratori, ammonterà a 8,50 euro l’ora.

"Paghe migliori, subito"

Lo chiede a gran voce, dalle colonne del New York Times, il premio Nobel ed economista Paul Krugman, anche alla luce di dati macroeconomici che fanno ben sperare: una disoccupazione tornata ai livelli del 2008 (7%) e un Pil che cresce a ritmi soddisfacenti (+3,6% nel terzo trimestre 2013). Da più parti, quindi, si denuncia l’esigenza di mettere un po’ di soldi nelle tasche dei lavoratori, soprattutto allo scopo di incrementare i consumi: l’insuccesso dell’ultimo Black Friday, con vendite in calo per la prima volta negli ultimi 7 anni, da molti è stato visto come un serio campanello d’allarme. D’altronde, come stimato da Krugman, negli ultimi 3 decenni lo stipendio di un lavoratore di basso livello nel settore del commercio al dettaglio è diminuito di circa 30 punti percentuali, e intervenire su questi salari sarebbe tutto a vantaggio dei consumi interni.

E l’Italia?

Il Belpaese, strozzato dal debito pubblico e da una disoccupazione in costante crescita, non sembra in grado di dare alcun tipo di risposta all’esigenza sempre più diffusa di paghe decenti che consentano agli italiani - soprattutto i più giovani - di vivere con dignità, e, allo stesso tempo, di alimentare i consumi. Infatti, la proposta del Governo Letta, ovvero il Sia (Sostegno di inclusione attiva), oltre a necessitare di risorse economiche tutte da verificare, potrà fare molto poco per chi non gode dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ed è invece costretto a sottostare ad autentiche pratiche di sfruttamento tramite contratti all’insegna della precarietà.

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