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Roubini: qual è il vero malessere dell’Eurozona? Dalle cause economiche alle implicazioni di mercato
giovedì 23 maggio 2013, di
L’Eurozona è in ritardo rispetto alle altre principali economie sviluppate da quando è stato toccato il fondo della Grande Recessione nel 2009. La figura 1 mostra che, a partire dal quarto trimestre 2012, il PIL reale dell’Eurozona è cresciuto del 2,5% solo a partire dal primo trimestre 2009, a fronte di una crescita del 3,5% per il Regno Unito, e di un’espansione del 7,5% messa in scena da Stati Uniti e Giappone.
La performance complessiva dell’Eurozona è la somma di traiettorie di crescita divergente tra i suoi stati membri. Delle più grandi economie dell’area, l’attività economica della Germania è cresciuta dell’8,7%, mentre le cifre del Pil reale in Italia e Spagna sono ora sotto i loro livelli registrati durante il famoso "fondo" del 2009 (1,2% e 3,2%, rispettivamente). Le prestazioni della Francia riflettono ampiamente la media della zona, in quanto la sua economia è cresciuta del 3,5% dal "fondo" (figura 2).
Le diverse fortune economiche di questi paesi si riflettono nelle rispettive dinamiche produttive. Gli indici della produzione industriale sono ora sotto il picco toccato nel primo trimestre 2008 in tutti quei paesi (tra cui la Germania), ma al di sopra del fondo del 2009 in Germania e in Francia (del 21% e 3%, rispettivamente), a circa lo stesso livello toccato dall’Italia nel 2009, e ben al di sotto del presunto "fondo" del 2009 toccato in Spagna (Figura 3). La Spagna e l’Italia hanno perso quasi il 40% e il 30% della loro capacità di produzione, il che segna un processo di de-industrializzazione di fatto costretto dalla crisi.
La produzione industriale è strettamente correlata con il sentiment economico dell’Eurozona
L’importanza delle dinamiche della produzione industriale risiede nel fatto che le variazioni annuali della stessa sono strettamente correlate al sentiment prevalente nell’Eurozona, come misurato dall’indicatore del sentiment della Commissione Europea. [1] (Figura 4).
Tale indicatore tende a guidare i cambiamenti della produzione industriale, a volte per diversi mesi. Ad esempio, il sentiment ha raggiunto un picco a metà del 2007, mentre la prima variazione negativa annua si è registrata a metà del 2008. Il sentiment ha poi toccato il fondo nel marzo 2009, mentre la produzione industriale ha iniziato a mostrare un rallentamento in contrazione nel mese di aprile dello stesso anno. Più di recente, è interessante notare un rinnovato calo nel sentiment tra la produzione industriale apparentemente su un punto di ripresa. Ciò vuol dire che la produzione industriale potrebbe inscenare un’altra fase verso il basso?
Altrettanto interessante è la correlazione tra le variazioni annuali dell’inflazione dell’Eurozona e l’indicatore del sentiment economico della CE. Come mostra la Figura 5, il sentiment anticipa di molto l’andamento dell’inflazione. La caduta di 25 punti nel sentiment da inizio 2011 a fine 2012 probabilmente ha allertato la BCE sul probabile rallentamento dell’inflazione, in modo che le letture successive non sono arrivate come una sorpresa.
La reazione della politica monetaria: troppo leggera e troppo in ritardo
Ora è evidente perché la BCE abbia preso le sue decisioni durante il Consiglio direttivo di maggio. La figura 6 mostra che l’indicatore del sentiment della CE anticipa le azioni della BCE. Si distingue in particolare l’errore della politica di luglio 2008: la BCE ha aumentato il tasso di rifinanziamento principale di 25 punti base al 4,25%, mentre il sentiment CE stava calando drasticamente, solo poche settimane prima del crollo di Lehman e la BCE ha invertito la sua decisione precedente, con un tasso di 50 punti base (coordinato con altre principali banche centrali), nel mese di ottobre 2008.
Più di recente, il taglio di 25 punti base al tasso di rifinanziamento è arrivato dopo una caduta di lunga durata nel sentiment, a partire dal gennaio 2011, ed è stato accompagnato da un calo della produzione manifatturiera.
Andando avanti, la BCE continua ad attendersi una ripresa dell’attività economica nel secondo trimestre, mentre noi rimaniamo molto più cauti. La nostra analisi suggerisce che la seconda derivata dell’attività economica sia destinata a cambiare da negativa a positiva. Tuttavia, considerando che l’inflazione continuerà a rimanere controllata e la crescita economica rimarrà saldamente in territorio negativo per i prossimi trimestri, crediamo che la BCE dovrà abbassare ulteriormente il suo tasso di rifinanziamento, e probabilmente anche il tasso sui depositi.
| Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Roubini Global Economics |