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Riforma pensioni, fase due: i sindacati insistono su età pensionabile e lavori di cura

venerdì 8 settembre 2017, di Stefania Manservigi

L’incontro di ieri tra sindacati e Governo sulla fase due della riforma delle pensioni ha deluso le aspettative.

Le proposte del Governo non hanno infatti rispecchiato e accolto quelle che sono le esigenze delle lavoratrici donne che chiedono una maggiore flessibilità in uscita, e non hanno tenuto conto delle richieste avanzate dai sindacati in fase di trattativa.

Uno sconto contributivo di sei mesi per ciascun figlio, per un massimo di due anni: è questa la proposta messa sul tavolo dall’esecutivo e rivolta non a tutte le lavoratrici donne, ma solo a quelle in possesso dei requisiti per accedere all’Ape sociale.

L’obiettivo dell’esecutivo è infatti quello di aumentare la platea femminile di coloro che possono accedere all’Ape sociale.

I sindacati non ci stanno, e chiedono che vengano riconosciuti anche i lavori di cura per non discriminare quelle donne che, pur non avendo figli, si trovano a dividersi tra vita personale e vita professionale.

Le parti sociali inoltre rilanciano sulla necessità di bloccare l’aumento dell’età pensionabile, che a partire dal 2019 dovrebbe arrivare a 67 anni, in base al meccanismo dell’aspettativa di vita.

Ecco tutte le reazioni all’indomani dell’incontro sulla riforma delle pensioni.

Riforma pensioni: i sindacati chiedono riconoscimento dei lavori di cura

Il giorno dopo l’atteso incontro con il Governo su alcuni punti della fase due della riforma delle pensioni, i sindacati concordano sulla necessità di garantire forme di pensione anticipata alle donne grazie al riconoscimento dei lavori di cura.

Lo sconto proposto dal Governo, secondo la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan:

"È un passo avanti, ma non affronta il lavoro di cura che tutte le donne devono affrontare. C’è il meccanismo della Dini che prevede uno sconto dai 4 mesi a un anno per le donne con figli per chi andrà con il contributivo, noi proponiamo di allargare quel meccanismo a tutti".

Dello stesso avviso è anche Roberto Ghiselli, Cgil:

"Per noi il riconoscimento del lavoro delle donne è un concetto universalistico e non può essere ridefinito all’interno dello strumento dell’Ape sociale che, invece, è riferito ad alcune casistiche particolari. Inoltre riteniamo che oltre al lavoro prestato per la cura dei figli è necessario riconoscere anche quello dedicato alla cura di familiari disabili o non autosufficienti. Ci siamo impegnati, su questo punto, a elaborare nei prossimi giorni con Cisl e Uil una proposta, che possa essere esaminata nel prossimo incontro."

I sindacati hanno inoltre chiesto conto al Governo del monitoraggio sull’ottava salvaguardia e Opzione donna, considerando che le risorse risparmiate non sono state utilizzate per garantire la tutela degli esodati esclusi o la prosecuzione della misura di pensione anticipata per le donne.

Riforma pensioni: necessario bloccare aumento età pensionabile

Altro punto sul quale i sindacati sono uniti è la necessità di bloccare l’aumento dell’età pensionabile che, a partire dal 2019, dovrebbe passare a 67 anni.

Il Governo non si è esposto a riguardo, rinviando per ora l’argomento, e rimandando la discussione al momento in cui verranno diffusi i dati Istat sull’aspettativa di vita.

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