Home > Altro > Archivio > Reddito universale: in Francia se ne discute. Ma quali sono i rischi?
Reddito universale: in Francia se ne discute. Ma quali sono i rischi?
martedì 21 febbraio 2017, di
Reddito universale: a due mesi dalle Presidenziali, in Francia si torna a parlare di reddito universale. Gaël Brustier, politologo francese in orbita socialista, ritiene che l’introduzione del reddito universale in Francia, fin’ora sostenuta dal solo Benoît Hamon (candidato socialista), rappresenti “un’alternativa politica e sociale” a tre dei principali modelli economici vigenti:
- Il modello che fa capo alla “quarta rivoluzione industriale”: il Reddito universale consentirebbe di ovviare alle de-umanizzazione della produzione industriale causata dallo sviluppo delle nuove tecnologie;
- Il modello che prevede di preservare i redditi attraverso misure protezionistiche;
- Il modello della svalutazione del mercato del lavoro come atto contabile di aggiustamento degli squilibri macroeconomici: austerità.
Tuttavia, nella sua argomentazione Brustier tende a sottovalutare l’impatto che può avere in Francia (come altrove in Europa) l’introduzione del reddito universale. Un impatto al contempo economico e politico:
- Economico: la tesi di fondo sostenuta dagli scettici è connessa al costo, per lo Stato, del reddito universale. Inoltre, in un sistema economico come quello dell’eurozona, di cui la Francia è parte integrante e principale apologeta, come giustificare alla Commissione lo sforamento del deficit pubblico che sicuramente converrebbe dall’introduzione del reddito universale?;
- Politico: il reddito universale rischia di essere più uno strumento per silenziare i cittadini, fornendo loro un biscottino solo in apparenza succulento (nel frattempo depredandoli di ogni garanzia sociale), che per rilanciare l’economia.
Reddito universale: una soluzione per rilanciare l’economia?
Secondo Brustier, il reddito universale - ovvero una somma di denaro erogata stabilmente (come uno stipendio) dallo Stato a tutti gli aventi diritto - è la chiave di volta di un nuovo “sistema di retribuzione” a cui la Francia e altri Paesi, dovrebbero ambire per rilanciare l’economia e il patto sociale Stato/cittadino.
A dire il vero, per quanto se ne parli, solo Benoît Hamon - il candidato socialista alle Presidenziali francesi di aprile e maggio - è parso convinto dell’utilità sociale di un reddito universale. Gli altri candidati non sembrano prestare particolare attenzione alla questione.
Ciò comunque non rende la questione del reddito universale, secondo Brustier, meno dirimente. Per il politologo francese, infatti,
"Le classi medie occidentali sono materialmente rese fragili dalle mutazioni economiche e tecnologiche della “quarta rivoluzione industriale”. [...] Il Reddito universale è una risposta alternativa a queste sfide immense, allo stesso tempo materiali e ideologiche".
Per Brustier, la sfida materiale è data, come si diceva, dalle nuove tecnologie. Con l’introduzione di un reddito universale lo Stato garantirebbe alle vittime della quarta rivoluzione industriale - lavoratori rimpiazzati dalle nuove tecnologie o divenuti improduttivi grazie a queste - una base economica su cui fare affidamento.
Quella ideologica, invece, rimanda alle soluzioni della crisi economica avanzate da Trump e May - recepite in Francia da Marine Le Pen. Il reddito universale, in questo senso, si qualifica come l’alternativa principale alla chiusura commerciale. Secondo Brustier, infatti, è possibile proteggere il reddito solo garantendone uno ad ogni cittadino, non di certo applicando misure protezionistiche al commercio.
Brustier ritiene che il reddito universale sia anche un’auspicabile alternativa alle misure di austerità fiscale messe in atto nell’ultimo decennio per fronte alla crisi economica. L’austerità ha eroso i redditi della classi sociali a tal punto da azzerare le prospettive economiche e il numero degli investimenti. Assegnando a tutti un reddito universale, associato in maniera “esogena” al salario, i cittadini uscirebbero dalla condizione di indigenza a cui l’austerità li ha destinati.
Reddito universale: quali sono i rischi?
Purtroppo, per quanto dettagliata e convincente sia, l’argomentazione sul reddito universale presentata da Brustier non saggia il riscontro economico è politico di un simile provvedimento.
Nel contesto di un dibattito che in Francia va avanti da anni, molti autorevoli commentatori si sono espressi in maniera del tutto contrari al reddito di cittadinanza, non già per la sua natura (è nobile che si voglia dotare chiunque degli strumenti per sopravvivere), quanto per l’impatto che il reddito universale rischia di avere sui conti pubblici.
Clément Cadoret, dalla rivista La Vie des Idées, ha ammonito circa “l’insostenibilità finanziaria”, per la Francia, del reddito universale. Dal compendio delle sue ricerche è emerso che il reddito universale costerebbe allo Stato francese la bellezza di 560 miliardi di euro l’anno, a cui vanno aggiunti i 715 miliardi di euro spesi dallo Stato (la cifra è del 2015) per garantire gli standard minimi di protezione sociale.
Come giustificare agli occhi robotici della Commissione UE - patologicamente sensibile agli 0 virgola - un simile esborso? Conti e deficit pubblico ne risentirebbero in maniera tale da pregiudicare la “credibilità” del Paese di fronte ai mercati. Non vi è, quindi, possibilità di finanziare alcun reddito universale entro il perimetro dell’eurozona - ovvero entro i confini di un’area in cui le istituzioni nazionali e sovranazionali promuovono da anni al contempo la finanziarizzazione dell’economia e la dismissione delle prerogative pubbliche di sostegno alla domanda.
Quanto agli aspetti politici, introdurre il Reddito universale significa, sostanzialmente, silenziare i cittadini - e quindi reprimere il dissenso. Dotando i cittadini di un reddito universale, il Governo e le Istituzioni francesi avrebbero per le mani uno strumento deterrente utile in quei momenti in cui l’economia - e nell’eurozona è accaduto e accadrà di nuovo - necessita di aggiustamenti pro-ciclici (austerità). Quale cittadino negherebbe a un Governo che gli passa 1000 euro al mese il diritto di abbassare le pensioni o tagliare la spesa pubblica per ripianare i conti con l’estero? Ecco, nessuno.