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Paul Krugman: crollo della produttività italiana. Illusione statistica?
giovedì 29 novembre 2012, di
Dean Baker (economista americano, n.d.r.), in corrispondenza, fa un’osservazione interessante sul misterioso crollo della produttività italiana, vale a dire presume che una grossa fetta di essa potrebbe essere un’illusione statistica. Questo è sempre qualcosa da prendere in considerazione quando si vede qualcosa di strano nei dati economici.
Ecco la storia: l’Italia, con la sua combinazione di normative estese e carente applicazione, ha sviluppato un sacco di "lavoro nero": la presenza di forza-lavoro non regolarmente assunta, per sfuggire a vari requisiti imposti dal governo. Ma in seguito alll’avvento di riforme che hanno alleggerito gli oneri sui contratti di collaborazione part-time, il lavoro "sommerso" è venuto allo scoperto. Il Pil misurato non è stato influenzato, perché gli statistici stavano già facendo accuse alla cosiddetta economia "ombra"; quindi il risultato è stato un calo della produttività misurata.
Una cosa che mi piace riguardo questa storia è che permette di dare un senso ad un’altra anomalia: l’ampia divergenza nelle diverse misure della competitività dei costi italiani. Ecco un grafico degli stimati tassi di cambio effettivi reali:
Non terrei in considerazione la misura del valore unitario; è sempre stata una scarsa misura e probabilmente soprattutto quando si ha a che fare con un paese che cerca di esportare prodotti di alta qualità. Ma c’è ancora un divario enorme tra la misura del valore unitario che suggerisce una sopravvalutazione di grandi dimensioni, e altre misure, che è esattamente ciò che bisognerebbe aspettarsi se si avesse una produttività sottovalutata.
Anche i dati sulla bilancia dei pagamenti sono coerenti con questa storia: l’Italia non ha mai avuto enormi deficit delle partite correnti, come ad esempio la Spagna.
Non voglio dire che in Italia va tutto bene; chiaramente il paese è caratterizzato da mercati disfunzionali, molte rendite di monopolio, ed è in ritardo nell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione. Ma probabilmente non è un caso disperato, come i numeri ci vorrebbero far credere.
Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Paul Krugman Blog