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OPEC, prezzo del petrolio incontrollabile: le conseguenze per l’economia reale e per i mercati finanziari
mercoledì 14 gennaio 2015, di
Anche se la giornata di ieri delle borse europee si è chiusa in modo sostanzialmente positivo, non sono mancate oscillazioni evidenti, causate soprattutto dalle nuove dichiarazioni rilasciate dai rappresentanti dell’OPEC.
Da un’iniziale apertura positiva, dovuta alle dichiarazioni dei membri del direttivo della BCE, riguardo all’imminente avvio del quantitative easing e a quelle rilasciate dal Premier Renzi, circa la chiusura del semestre italiano di presidenza europea, si è passati ieri a una situazione più incerta proprio a causa dell’ulteriore ribasso dei prezzi del petrolio sia sulle piazze asiatiche, dove le quotazioni del greggio hanno toccato i nuovi minimi da marzo 2009 (Wti a 44,43 dollari al barile e Brent a 45,23 dollari al barile) sia sulle piazze europee dove il sia il Wti che il Brent erano quotati a 45,9 dollari al barile, in lieve rialzo, al momento della chiusura.
Quel che è pesato ieri sull’andamento del petrolio, sono state le dichiarazioni rilasciate dal ministro dell’energia degli Emirati Arabi Uniti Suhail al-Mazrouei che, in un suo intervento al Gulf Intelligence Eau Energy Forum ha dichiarato come l’OPEC non sia ormai più in grado di proteggere il prezzo del petrolio mantenendolo a una soglia determinata.
In realtà, però, essendo stato proprio l’Opec a determinare l’attuale calo del prezzo del petrolio, evitando, nella riunione dello scorso Novembre, di tagliare la produzione, il messaggio di al-Mazrouei va tenuto in considerazione soprattutto riguardo alle osservazioni svolte nei confronti degli Stati Uniti:
"L’eccesso di offerta è arrivato principalmente dallo shale oil e ciò doveva essere corretto"
Secondo il ministro l’Opec non può essere ormai considerato l’unico attore in campo nella delicata partita del prezzo del petrolio e la decisione di evitare nuove riunioni del cartello dei paesi produttori di petrolio e, quindi, di evitare tagli alla produzione, è un chiaro segnale verso gli altri Paesi produttori di combustibili:
"Stiamo dicendo ai mercati e agli altri produttori di essere razionali, di comportarsi come l’Opec e guardare alla crescita nel mercato"
Nonostante la preoccupazione espressa da Suhail al-Mazrouei riguardo all’andamento dei prezzi del petrolio è opportuno ricordare che gli Emirati Arabi Uniti sono stati il principale alleato dell’Arabia Saudita nella scelta (adottata nel vertice OPEC dello scorso 27 Novembre) di mantenere invariata la produzione di greggio. Scelta quest’ultima, motivata dall’intenzione di ridimensionare il ruolo dei produttori americani di shale oil, conservando quote già acquisite del mercato americano.
L’estrazione di shale oil potrebbe, effettivamente, non essere più conveniente se il prezzo del petrolio dovesse rimanere ancora sotto i 50 dollari al barile, un prezzo che tuttavia, potrebbe essere sopportato, dai Paesi produttori di greggio. Per capire i reali effetti del calo del prezzo del petrolio sulla produzione dello shale oil occorrerà ancora tempo dal momento che, anche se a Novembre le concessioni di licenze per la trivellazione hanno subito un forte calo, nel mese successivo sono tornate a crescere.
Per quanto riguarda le prospettive di medio lungo periodo sull’andamento del prezzo del petrolio alcuni analisti finanziari hanno già rilevato alcuni segnali per un futuro rialzo mentre Goldman Sachs ha recente diffuso delle stime in base alle quali il prezzo del Wti si manterrà intorno ai 41 dollari al barile nei prossimi tre mesi, per poi scendere a quota 39 nei tre mesi successivi e cominciare a risalire nella seconda parte dell’anno verso quota 65 dollari al barile.
Al di là delle previsioni quel che è certo è che, sul piano dell’economia reale, un basso prezzo del greggio potrebbe stimolare la ripresa economica, determinando un abbassamento dei prezzi di benzina e carburanti mentre sui mercati finanziari potrebbero manifestarsi conseguenze più preoccupanti, dal momento che gli utili dei grandi gruppi energetici soffrirebbero di un sensibile ribasso che porterebbe gli operatori finanziari a venderne i titoli posseduti. Un esempio abbastanza chiaro di questo clima di incertezza è Saipem che, nonostante il recupero di ieri, ha subito ingenti perdite negli ultimi mesi anche a causa del ribasso dei prezzi del petrolio.
