Materie prime: Baltic Dry -95% dal picco del 2008. Cosa vuol dire?

L’indice Baltic Dry esiste dal 1985 ed è riferito ai noli marittimi per carichi secchi, come il minerale di ferro e il carbone. In passato veniva considerato un ottimo indicatore anticipatore dello stato di salute dell’economia mondiale, mentre oggi è maggiormente correlato all’andamento della domanda di commodity proveniente dalla Cina. L’indice è sceso sui minimi più bassi di sempre, accusando una perdita superiore al 60% su base tendenziale e del 95% dal picco raggiunto nel 2008.

Secondo gli esperti di materie prime la causa principale è il crollo delle importazioni in Cina, che negli ultimi mesi ha iniziato ad assumere connotati sempre più che preoccupanti, ma anche l’eccessivo numero di navi in circolazione. Infatti il boom di inizio secolo delle commodity, durato fino al 2011, aveva spinto gli armatori a investire oltremodo nella costruzione di imponenti flotte che però oggi non sono più necessarie. Il surplus di offerta ha fatto crollare metalli e minerali.

Bisogna ricordare che l’economia cinese sta crescendo a un ritmo del 6,9%, il più basso degli ultimi 6 anni, sotto il target del governo di Pechino. Inoltre più del 90% del commercio mondiale passa via mare. Ecco, quindi, spiegato il crollo rovinoso del Baltic Dry Index, che comunque coincide con il pessimo momento per le quotazioni delle materie prime più importanti (dal petrolio al rame, dall’oro al platino, dal minerale di ferro al carbone).

Nonostante il forte calo dei prezzi del petrolio, che ha consentito agli armatori di risparmiare molto nella spesa sui combustibili, il settore fatica a ritrovare l’equilibrio finanziario e soprattutto il punto di pareggio in bilancio, un po’ sulla falsariga di quanto sta accadendo nel settore minerario con diversi colossi del settore in condizioni finanziarie disastrose (Glencore docet). Intanto l’indice Baltic Dry è sceso sotto quota 500: non era mai accaduto negli ultimi 30 anni.