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Lavoro nero, 44 miliardi di euro rubati allo Stato: evadere per sopravvivere?

lunedì 29 luglio 2013, di Daniele Sforza

Con la crisi economica, il lavoro nero ha registrato un’importante impennata. Il sommerso, infatti, ruba ben 43,7 miliardi di euro allo Stato, come ha rilevato la Cgia di Mestre. Numeri che si riferiscono al 2011 ma che sicuramente continuano indisturbati anche oggi.

Lavoro nero: dove è più diffuso

Il lavoro nero, secondo la Cgia, resta una piaga che coinvolge milioni e milioni di persone:

Lavoratori dipendenti che fanno il secondo lavoro; cassaintegrati o pensionati che arrotondano le loro magre entrate, disoccupati che in attesa di rientrare ufficialmente nel mercato del lavoro sbarcano il lunario "grazie" ai proventi di un’attività irregolare.

Il fenomeno è piuttosto incontrollabile e si estende lungo tutta la Penisola. Le regioni in cui il fenomeno è più diffuso sono la Calabria (1.375 euro di tasse evase per ogni residente), la Basilicata (1.174 euro per residente) e il Molise (1.282 euro per residente).

Lavoratori in nero: quanti sono in Italia

In tutta Italia ci sarebbero ben 3 milioni di lavoratori in nero, che produrrebbero 102,5 miliardi di Pil irregolare all’anno, ovvero il 6,5% del Pil nazionale.

Questi dati vengono diffusi proprio in un periodo in cui alcune personalità della scena politica hanno spinto o giustificato l’evasione fiscale. In tempo di crisi economica, con la pressione fiscale alle stelle e tasse che non calano minimamente nonostante una frenata dei consumi e delle retribuzioni, sono in molti a cadere nella tentazione dell’evasione fiscale, una buona parte dei quali per puro spirito di sopravvivenza.

Lavoro: l’analisi di Giuseppe Bortolussi (Cgia)

E non a caso è lo stesso segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi ad affermare che:

In questi ultimi anni chi ha perso il lavoro non ha avuto alternative e ha dovuto ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa e mandare avanti la famiglia.

Pur precisando:

Nessuno di noi vuole elogiare il lavoro nero spesso legato a doppio filo con forme inaccettabili di sfruttamento, precarietà e mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, quando queste forme di irregolarità non sono legate ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali o alle fattispecie appena elencate costituiscono in questi momenti così delicati un paracadute per molti disoccupati e pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese.

Proprio il fatto di non avere alternativa resta una posizione su cui riflettere: la lotta all’evasione fiscale è un’opera di bene, ma per molti non deve essere lo specchio sul quale arrampicarsi per giustificare la propria cecità davanti alla situazione attuale.

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