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Lavoro flessibile: la strada giusta per il futuro dei giovani?

sabato 27 ottobre 2012, di Valentina Pennacchio

La legge Biagi n. 30/2003 aprì la strada alla flessibilità nel mercato del lavoro e alle collaborazioni a progetto (cosiddette co.co.pro.). L’obiettivo era quello di combattere la disoccupazione seguendo una linea nuova e dinamica. A distanza di quasi dieci anni, lo scopo rimane il medesimo perché anche la riforma del lavoro del ministro Fornero ha sposato questa logica, appoggiata dal Presidente del Consiglio Mario Monti secondo cui “la flessibilità giova all’occupazione”. Nonostante ciò, la disoccupazione giovanile è ai massimi storici.

I NUMERI DELLA “CRISI GIOVANILE”

Datagiovani, un gruppo di studio nato circa due anni fa, nelle vesti di un “sindacato” dei giovani, ha condotto un’indagine, in esclusiva per Repubblica, rispetto ai numeri di questa crisi economica, che ha investito soprattutto il mondo e le aspettative dei giovani. Le statistiche sono più che eloquenti, il risultato di questa osannata flessibilità è un precariato costante, soprattutto tra gli under 35. Parliamo di una cifra che si attesta intorno al 40 % per il primo trimestre del 2012. I più colpiti sono le donne, gli stranieri, ma anche coloro che possiedono una laurea poco “professionale”. In tal senso il titolo di studio non rappresenta più un vantaggio (almeno in un’ottica di breve periodo), nonostante i sacrifici e l’impegno per conseguirlo, anzi, spesso, vale come un diploma tecnico.

IL DESTINO DEI GIOVANI

In un’intervista di Michele Karaboue, esperto di politiche giovanili e membro dell’Osservatorio Generazionale dell’Università dargli Studi di Bari, il Presidente del Consiglio Mario Monti ha dichiarato che “i giovani esigono sforzi immediati e sono, giustamente, impazienti che ci siano risultati”, al tempo stesso, “il destino dei giovani è determinato dal buon lavoro o dal cattivo lavoro di politiche nel corso dei decenni”, quando “i governi italiani hanno messo la polvere sotto il tappeto, soddisfacendo le esigenze del presente, largheggiando con il disavanzo pubblico”, finché “è arrivato il vento della competizione su scala europea che ha sollevato la polvere e l’ha gettata in faccia ai giovani”.

IL MONDO DEL LAVORO OGGI

Dopo mesi dalla celebre “gaffe” (Posto fisso?Che monotonia!), Monti appare ancora fermamente convinto della necessità di un rinnovamento radicale nel mercato del lavoro, che possa spazzare via idee “obsolete”. “Tutta la società italiana dovrà orientarsi a essere meno incardinata sul posto fisso, si sta cercando di rendere meno incrostato il posto del dipendente pubblico perché, in una società con minori certezze, dare protezione totale ad alcuni significa dare esposizione totale ad altri”. Via libera, dunque, al progresso e alla competitività, contro nepotismi e cooptazione. Ma non è così facile.

LA CONTRADDIZIONE ITALIANA

Nonostante l’apertura al “vento” europeo, la promozione della mobilità e il ricorrente accento sulle preoccupazioni rispetto al futuro dei giovani, è necessaria, nonché obbligata, una riflessione sull’efficacia delle politiche giovanili e sulla giusta strada da seguire per assicurare a questi giovani un futuro nella società. Risulta paradossale parlare di competitività e progresso se tutto ciò viene bruscamente arrestato dai contratti a termine, su cui l’Italia ha un saldo primato, soprattutto dopo la legge Biagi. Un aumento di quasi il 30% dal 2001 rispetto agli altri paesi europei. A questo punto l’interrogativo è più che lecito. A fronte delle suddette statistiche, la flessibilità è davvero la parola chiave del futuro? Forse i giovani vedono ancora troppa “polvere”.

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