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Lavorare in Germania: intervista a Dario Aimola
sabato 9 novembre 2013, di
Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un pezzo sul video di Dario Aimola, un ragazzo siciliano emigrato in Germania alla ricerca di Lavoro.
A 3 mesi dalla pubblicazione del video siamo andati a intervistare Dario sulla prosecuzione della sua esperienza, ecco le sue risposte:
Pochi mesi fa hai realizzato un video in cui raccontavi della tua esperienza nel cercare lavoro in Germania. Come vanno le cose adesso, a distanza di tempo?
Sono passati esattamente tre mesi da quando ho fatto quel video. Lavoro ancora per la Randstad e sono già al secondo incarico. Mi spiego meglio: quando arrivai, avendo una conoscenza molto basilare del tedesco, presi il primo lavoro disponibile ovvero come assistente alla produzione (operaio alla catena di messaggio per capirci) in una fabbrica di tappi di plastica, 3 turni di lavoro da 8 ore compreso il fine settimana per 8.20 euro l’ora. Il lavoro era pesante e l’ambiente non proprio dei migliori. Durante il primo mese passato a contare i tappi ho usato ogni minuto libero per studiare il tedesco e poter chiedere all’agenzia un lavoro migliore. E così è stato. Sono andato alla Randstad chiedendo un lavoro più consono alle mie esperienze e alle mie qualifiche e dopo due giorni sono stato assunto come tecnico informatico in una grande azienda francese che lavora anche in Germania ottenendo anche un aumento di stipendio, turno unico mattutino e weekend libero. Ultimo ma non meno importante, sto facendo tradurre il mio diploma in tedesco per avere un avanzamento di grado.
Quanto è durato il primo lavoro? In che senso l’ambiente non era dei migliori?
Esattamente 1 mese, 5 agosto-5 Settembre. La fabbrica era molto ghettizzata, c’era il reparto dei turchi, quello degli italiani, quello dei polacchi e quello dei greci che volevano stare lontano dai turchi perché non si sopportano.
Anche se "noi" italiani facciamo simpatia a tutti, c’erano delle regole non scritte da seguire e me ne resi conto quando mi sedetti ad un tavolo della mensa apparentemente vuoto. Venni fulminato dallo sguardo del caporeparto italiano che mi disse di sedermi con loro perché quello era il tavolo dei turchi. Idem per lo spogliatoio, a noi ultimi arrivati ci davano gli armadietti vicino all’uscita che nessuno voleva. Ogni volta che qualcuno entrava o usciva mi dovevo scansare per non prendere un porta in faccia. Gli unici tedeschi in fabbrica erano negli uffici, per il resto era come stare a Ellis Island.
Come è invece la situazione nella nuova azienda? Che tipo di contratto hai avuto?
La situazione è nettamente migliore, figurati che il mercoledì, se il tempo lo permette, si va a correre in gruppo: operai, magazzinieri, ingegneri, segretarie... L’entrata è libera dalle 6:45 alle 7:15, l’importante è che si facciano 8 ore, quindi se arrivo alle 7:05 vado via alle 16:05 (perché c’è un’ora di pausa pranzo). Posso lavorare in abiti borghesi, la macchina del caffè è gratuita, posso andare su FB nei tempi morti e i colleghi sono molto gentili, soprattutto quando faccio delle domande sulla lingua tedesca. Una volta tradotto e riconosciuto il diploma avrò un aumento di livello (entgelgruppe) e di conseguenza posso aspirare a posizioni più professionali.
Il contratto è di un anno, il periodo di prova dura 6 mesi. Normalmente dopo il periodo di prova si passa al tempo indeterminato perché se un operaio è buono e qualificato le aziende non rischiano di farselo scappare. Il "pericolo" di noi Ausländer è rappresentato dal fatto che in molti scoppiano dopo uno-due mesi e tornano in Italia facendo fare brutte figure alle agenzie del personale, ecco il perché di un periodo di prova così lungo. Il primo aumento di stipendio lo avrò dopo 9 mesi, il secondo dopo 12. Tutto da contratto.
Ci sono altri dipendenti italiani nella nuova azienda?
Sì, tre in tutto, tutti nati e cresciuti in Germania: un figlio di napoletani, un figlio di pugliesi e un figlio di siciliani. Il loro italiano è approssimativo e con loro mi sforzo di parlare in tedesco, parlo in italiano solo quando devo fare un discorso lungo. Non hanno mai lavorato in Italia e gli riesce difficile credere di poter lavorare per 60 ore la settimana per 900 euro.
Qual è stato l’ultimo lavoro che hai fatto in Italia? Quanto tempo è durato?
È durato soltanto un mese, 60 ore settimanali per 900 euro al mese, senza assegni familiari perché il datore non li voleva anticipare per conto dell’INPS. Ho lavorato sulle navi militari italiane come manutentore degli impianti di condizionamento. Un incubo.
In questi mesi hai conosciuto italiani che sono tornati a casa? Se si, perché lo hanno fatto?
Sì, ne ho conosciuti tre e tutti sono tornati a casa perché non sono riusciti ad integrarsi con il modo di vivere "organizzato" dei tedeschi.
Molti elementi erano comuni: nessuna conoscenza del tedesco, disorganizzazione sul "what if" , nessuna precedente preparazione al viaggio, pochi soldi, nessuna idea precisa su cosa fare. Dire ad un tedesco "faccio qualsiasi cosa" è interpretata come una mancanza di fiducia nelle proprie capacità. Ho conosciuto anche una ragazza che è salita, è scappata per lo sconforto e da 9 mesi è risalita con una migliore organizzazione, adesso lavora in un’azienda di avionica. Sono anche uno degli amministratori del gruppo "Italiani a Francoforte e dintorni" e sul gruppo si legge davvero di tutto. Con gli altri admin abbiamo aperto una rubrica mensile su Radio X Italia, la radio italiana di Francoforte.
La tua esperienza sembra molto positiva, stai già valutando la possibilità di stabilirti in Germania definitivamente?
Sì, sono partito già con questa intenzione. Ho già raccolto tutte le informazioni ed i moduli per iscrivere i bambini a scuola o all’asilo, per far loro riconoscere gli anni fatti in Italia e sto cercando una casa più grande. Dovrò stare alcuni mesi lontano dalla famiglia (anche se con poco più di cento euro posso scendere una settimana in Italia) ma la consapevolezza di farlo per loro vince la solitudine, e poi, quando la ragazza dell’agenzia ti dice "Quando sale sua moglie ci porta il suo CV, vero?" capisci che in Germania Volere è davvero Potere.