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La Cina potrebbe svalutare lo yuan per rilanciare l’economia
mercoledì 12 marzo 2014, di
Dopo aver affermato a più riprese l’intenzione di voler puntare maggiormente sulla domanda interna per riequilibrare la propria struttura economica, la People’s Bank of China (PBOC) potrebbe rivedere le sue strategie di politica monetaria a seguito del peggioramento delle condizioni economiche nell’ex Impero Celeste, come evidenziato di recente dall’arretramento dell’indice Pmi manifatturiero e dal crollo delle esportazioni (-18,1% a febbraio). A tal proprosito le autorità monetarie di Pechino potrebbero iniziare a pilotare la svalutazione dello yuan, che dall’estate del 2005 si è rivalutato del 35% sul dollaro. Sul finire di febbraio lo yuan ha annullato tutti i guadagni realizzati da maggio 2013, registrando tra l’altro il peggior calo settimanale dal 2005, ovvero quando la PBOC ha deciso di sganciare la valuta cinese dal dollaro.
Dietro il recente deprezzamento dello yuan (o renminbi) c’è proprio lo zampino della PBOC, che con questa mossa ha voluto sbaragliare la speculazione unidirezionale che ormai da 7 anni puntava esclusivamente sulla rivalutazione della moneta di Pechino. Tra l’altro a gennaio gli hot money affluiti in Cina hanno toccato la cifra record di 73 miliardi di dollari, il top degli ultimi dodici mesi. La PBOC ha così deciso la revisione al ribasso del central parity rate - ovvero la quotazione ufficiale che viene fissata ogni giorno alle ore 9.15 (ora cinese) - dopo che per ben 18 mesi il tasso spot sul renminbi si è attestato sistematicamente sopra il livello centrale di parità fissato dalla PBOC e vicino al limite superiore della banda di oscillazione giornaliera dell’1% (chiaro sintomo di scommessa unidirezionale a favore dello yuan contro dollaro).
La PBOC ora vuole “normalizzare” l’andamento del cambio USD/CNY, creando i presupposti per un incremento della volatilità in vista di una maggiore convertibilità del renminbi. Si parla di un aumento della banda di oscillazione dall’attuale 1% a +/-1,5% o addirittura +/-2%. Le autorità monetarie cinesi potrebbero procedere con l’aumento della banda di oscillazione già entro il primo semestre dell’anno. Difficile pensare, però, che la Cina dia il via a una vera e propria politica di svalutazione, in quanto correrebbe il rischio di una fuga di capitali esteri. Anche se dispone di 3.700 miliardi di dollari di riserve valutarie per fronteggiare un’eventuale crisi di fiducia e di liquidità, Pechino non dovrebbe mettere a repentaglio la reputazione conquistata dallo yuan negli ultimi anni, visto che in futuro dovrebbe diventare la seconda valuta mondiale in termini di transazioni finanziarie.