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L’austerity è fallita. Martin Wolf: una cura che aggrava la malattia
giovedì 23 maggio 2013, di
Recentemente, la New York Review of Books ha tenuto un convegno sul tema dell’austerity dal titolo "Austerity in Gran Bretagna e nell’Eurozona: uccide oppure cura?".
Martin Wolf, famoso editorialista e giornalista inglese del Financial Times, ha presentato il suo intervento dal titolo "L’austerity è fallita".
L’autore illustra come l’austerity sia stato un fallimento tanto nel Regno Unito, quanto nell’Eurozona. Non solo, scrive Wolf, l’austerity non è riuscita a curare il "malessere economico" d’Europa, ma lascerà dei segni indelebili. L’austerity è stata un errore enorme.
Il fallimento dell’austerity
Il fallimento dell’austerità fiscale era prevedibile e, in qualche modo, era stato predetto. L’austerity ha trasformato il recupero in stagnazione, ha imposto enormi perdite e costi non necessari, non soltanto sul breve termine, ma anche sul lungo periodo: i costi degli investimenti perduti, delle attività mai avviate, delle competenze atrofizzate e delle speranze distrutte dalla disoccupazione.
Il dibattito sull’austerity, scrive l’autore, non fa differenza tra il breve e il lungo periodo.
"Ciò che è stato fatto nel Regno Unito e in buona parte dell’Eurozona è peggio di un crimine, è un errore macroscopico".
L’austerity non può distruggere un’economia, ma può infliggere una serie di sofferenze non necessarie.
L’austerity è una cura che aggrava la malattia.
Come l’austerity ha interrotto il recupero economico
L’austerity approda in Europa nella prima metà del 2010 con l’apice della crisi in Grecia, l’arrivo di una coalizione di governo nel Regno Unito e con il summit del G20 di Toronto che dichiarava: "le economie avanzate devono organizzare dei piani fiscali che dimezzino i deficit per almeno il 2013".
Questo ha portato all’austerity. Questi tagli ai deficit strutturali tra il 2010 e il 2013 rappresentano l’11.8% del PIL potenziale in Grecia, il 6.1% in Portogallo, il 3.5% in Spagna e il 3.4% in Italia. Addirittura, nel Regno Unito, i tagli rappresentano il 4.3% del PIL: una stretta superiore a quelle dell’Eurozona, eccezione fatta per Grecia e Portogallo.
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Le conseguenze? In una parola "disastro"
Come risultato dell’eroico intervento da parte delle autorità fiscali e monetarie, molte delle economie colpite dalla "grande recessione" del 2008-09, avevano iniziato a recuperare. Con l’austerity, il recupero si è fermato.
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L’economia dell’Eurozona è cresciuta del 2% circa tra il 2009 e il 2010. Successivamente, la crescita ha cessato di esistere e, ad oggi, le previsioni parlano di un’espansione dello 0.4% tra il 2010 e il 2013.
L’austerity sta strizzando i paesi colpiti dalla crisi con una recessione profonda e duratura. Mentre le politiche fiscali si fanno più dure, il settore privato è ancora nel bel mezzo del trinceramento post-crisi. Il tasso di disoccupazione supera il 25% in Spagna e in Grecia.
"Questa è stagnazione," conclude Wolf.
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Si tratta di evidenza, scrive Wolf:
"la contrazione fiscale è stata, senza ombra di dubbio, fonte di contrazione [economica]".
Quando sono molti i paesi a contrarsi contemporaneamente, l’impatto è anche peggiore perché le spese di un paese per le importazioni, rappresentano per un altro la domanda di esportazione. È per questa ragione che la decisione di "ritirarsi" dalle spese, fortemente appoggiata dai governi, è stato un enorme sbaglio.
L’austerity ha interrotto il recupero economico, minando la fiducia nei confronti della nostra economia e causando, ne sono sicuro, importanti danni sul lungo termine.
Politica fiscale: è necessaria?
Perché la politica fiscale è così importante dopo una crisi finanziaria di questa portata? La risposta si nasconde nel fatto che viviamo in un sistema in cui i tassi di interesse più alti, offerti da una delle 4 banche centrali più importanti, ammontano a mezzo punto percentuale. Utilizzato insieme alla politica monetaria, uno stimolo aggressivo e ponderato sarebbe la risposta più efficace per l’economia post-crisi finanziaria che caratterizza Stati Uniti, Europa e Giappone, ovvero circa i due terzi dell’economia mondiale.
In queste circostanze rare e molto particolari, ovvero quando le idee keynesiane sono veramente rilevanti, è necessario agire al fine di evitare una spirale economica discendente.
Austerity: era l’unica alternativa?
Qualcuno, scrive Wolf, insisterà dicendo che l’austerity era l’unica alternativa per l’Eurozona. Questo è vero soltanto nella misura in cui i paesi membri hanno limitato potere nazionale e sono stati costretti ad adottare il "regime disfunzionale dell’Eurozona".
Il punto è che di vie da adottare ne esistevano molte, scrive l’autore. Ad esempio:
- I paesi creditori, riconoscendo che i tassi di interesse incredibilmente bassi fossero dovuti alla crisi nei paesi più vulnerabili, avrebbero potuto condividere parte di quella "vincita" ottenuta con i paesi sotto pressione.
- Gli aggiustamenti necessari avrebbero potuto essere meno simmetrici: con azioni più mirate.
- La Banca Centrale Europea avrebbe potuto offrire il proprio sostegno con un piano di acquisto potenzialmente illimitato per i paesi oppressi dal debito come ha fatto nel 2012, magari un paio di anni prima.
- I fondi messi a disposizione per fare da freno alla crisi avrebbero potuto essere più cospicui.
- Anziché sul consolidamento fiscale, si sarebbe potuto porre maggiore enfasi sule riforme strutturali.
A questo punto, nota Wolf, si potrebbe dire che senza il lavoro sulle materie fiscali, non ci sarebbe stato spazio per lavorare sulle strutture ed intervenire, ad esempio, sui costi del lavoro. Questa osservazione, incide l’autore, è falsa.
Ad esempio, in Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna almeno, il settore privato viveva una crisi tanto profonda che l’aumentare della pressione fiscale, dovuta alla riduzione del debito, non è stata altro che "il danno oltre la beffa".
In Italia, la pressione degli anni di semi-stagnazione economica, con molti altri a venire, sarebbe stata lo stesso sufficiente.
In breve, "l’austerity non era necessaria ed è stata inopportuna". Ed oggi, finalmente, ce ne rendiamo conto.
Austerity: una cicatrice permanente
Conclude Wolf, "non stiamo dicendo che l’austerity sia la causa della debolezza delle economie". La crisi finanziaria, la successiva era di credito facile e shock hanno contribuito certamente. Ma l’austerity ha reso la soluzione di questi problemi molto più difficile di quanto non fosse.
Il giusto approccio ad una crisi di questa portata è utilizzare tutti i mezzi a disposizione: politiche che rinforzino il sistema bancario, che aumentino gli incentivi di investimento del settore privato, politiche monetarie espansive e, ultimo ma non ultimo, la capacità del governo di prendere prestiti e spendere.
Evitare o rendere impossibili queste politiche nell’Eurozona, ha contribuito a rendere la ripresa economica un percorso sempre più difficile che lascerà "cicatrici permanenti".
L’austerity è stata un errore enorme. Ma non è ancora troppo tardi per cambiare.
| Fonte: Financial Times |