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Euro: la radice di ogni male? CEO Saxo Bank: Merkel tallone d’Achille per l’Europa
mercoledì 4 settembre 2013, di
Lars Seier Christensen, co-fondatore e CEO della banca danese Saxo Bank, è noto per le sue analisi pungenti sull’Europa e la moneta unica nelle quali, senza mezzi termini, va dritto al nocciolo dei problemi individuando gli errori di fondo che dalla creazione dell’Euro ci hanno spinto verso il disastro economico.
In particolare, nell’analisi che proponiamo di seguito, l’autore fa riferimento alla politica Europea, individuando nell’atteggiamento mentale della Cancelliera Tedesca Merkel il "tallone d’Achille" d’Europa. L’Euro è la radice di ogni male nell’Eurozona e la politica attuale sembra essere arrivata ad un punto di non ritorno.
Europa alla deriva e senza prospettive
Col passare degli anni, la politica è sempre più impegnata a risolvere problemi quotidiani e a seguire i sondaggi d’opinione degli elettori, piuttosto che perseguire la leadership e la "fondamentale integrità personale" degli attori politici, scrive Christensen.
Ideologie e coraggio sono stati relegati al passato e, per come la vedo io, il tallone d’Achille d’Europa è la Cancelliera tedesca Angela Merkel, de facto leader dell’UE che tuttavia ha una scarsa prospettiva sul blocco della moneta unica.
La freddezza e la mancanza di prospettiva che caratterizza la Cancelliera Tedesca, scrive Christensen, è in esatto contrasto con la fervente emozione che ha dominato buona parte del pensiero politico del dopo-guerra europeo.
Da una parte, forse, un approccio più razionale ci avrebbe salvati dalle condizioni disastrose in cui ci troviamo oggi. Tuttavia, voler a tutti i costi vincere la gara economica globale (ragione per la quale la Germania vuole che il Regno Unito non lasci l’UE), non è affatto una visione realistica del futuro. Pur trattandosi di un obiettivo possibile, scrive l’autore, non è razionale e non lo sarà fino a quando l’Europa non svilupperà una propria identità del XXI secolo.
L’Euro, la radice d’ogni male
Scrive Christensen, la sfida più grande per l’Eurozona, la radice di ogni altra questione e la causa della deriva verso il disastro economico, nonché della negazione della democrazia, sono tutti problemi con una sola origine: l’euro.
L’autore fa poi riferimento all’incontro avuto nel 2009 con l’ex presidente della Repubblica Ceca, Václav Klaus, tra l’altro autore del libro "Europe – The Shattering of Illusions".
Il libro, caldamente appoggiato anche dal CEO Saxo Bank, discute gli sviluppi istituzionali in Europa a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, fino alla crisi del debito nell’Eurozona, definendo l’attuale fase di instabilità come "fase ad interim".
Il punto sul quale si sofferma Klaus è che se l’Europa vuol far ripartire lo sviluppo economico, dovrà intraprendere trasformazioni fondamentali e per fare questo è necessario sviluppare una nuova concezione del continente stesso.
L’idea di una valuta comune in Europa è molto antica, precedente anche alla Comunità Economica Europea (CEE). La creazione della moneta unica fu discussa prima della Seconda Guerra Mondiale dalla Società delle Nazioni, predecessore delle Nazioni Unite. Si trattava allora di un grande progetto avveniristico che finalmente fu posto in agenda negli anni ’70, con il Piano di Werner.
Pur essendo diventata la radice d’ogni male, l’idea di una moneta unica sembrò allora impressionante, logica e ambiziosa. Creare un’unione economica e monetaria con una popolazione superiore a quella degli Stati Uniti significava creare un immenso potere politico internazionale. Non bisogna sottovalutare, infatti, il fatto che per decenni il potere e l’influenza politica siano stati un sogno per le classi dirigenti Europee. Come per molti altri aspetti dell’UE, scrive Christensen, buona parte dei progetti sulla moneta unica sono stati guidati dal senso di inferiorità dei politici Europei nei confronti di USA e Russia, cui più tardi si è aggiunto il potere reale e/o potenziale di Cina, India e Medio Oriente.
Perché il potenziale dell’Euro si è rivelato un fallimento?
Spiega Christensen:
Il problema centrale, tuttavia, è che la maggior parte dei cittadini Europei non ha alcun desiderio di creare un’unione politica che invece dev’essere il fondamento dell’unione monetaria.
I cittadini dei paesi ricchi non vogliono cedere la propria identità nazionale e non vogliono che i loro guadagni economici vengano gettati nel calderone di un sistema in cui la solidarietà con i paesi più poveri li pone in condizione di eterni creditori.
Personalmente sto dalla parte dell’indipendenza dimostrata dai cittadini fieri della propria identità nazionale, in stati individuali collegati fra loro mediante il libero scambio e la prosperità economica. Non con la forza mostruosa e crescente del potere burocratico e non democratico di Bruxelles.
Non sorprende infatti che il maggior entusiasmo per l’Euro fu mostrato dai paesi economicamente più deboli che vedevano nella moneta unica una serie di vantaggi da afferrare al volo, senza essere costretti a disfarsi dei propri stati nazionali e delle rispettive politiche.
Tuttavia, dall’Europa non si può soltanto prendere, perché l’Europa non è il corno dell’abbondanza, scrive Christensen:
Ma l’Europa non è una cornucopia dalla quale continua a fuoriuscire ricchezza, senza che vi sia la necessità di dimostrare che effettivamente si merita di stare dalla parte della ricezione.
Al momento della fondazione dell’Euro, i politici dell’UE sapevano bene che una struttura di unione politica e finanziaria sarebbe stata una precondizione necessaria al corretto funzionamento della moneta unica e ciononostante hanno scelto di perseguire un progetto le cui fondamenta erano solide tanto quanto quelle di un castello di sabbia.
Hanno fatto tutto questo quasi mistificando le proprie azioni, scrive l’autore, senza porsi il minimo problema di ciò che avrebbe pensato la popolazione Europea. E lo stesso processo va avanti tutt’oggi in paesi come la Danimarca, che non è ancora membro dell’Eurozona, ma dove la classe politica spinge verso la maggiore integrazione nonostante il mancato appoggio della popolazione.
Gli Stati Uniti d’Europa non possono esistere
Pensando ai tanti benefici pratici di una moneta unica come ad esempio l’abolizione delle spese di cambio e la creazione di una grande banca centrale dal ruolo internazionale, potrebbero sfuggire quelle che sono in realtà le vere disfunzioni dell’Euro.
Entrando a fare parte dell’unione monetaria, i paesi perdono alcuni importanti strumenti che le banche centrali nazionali hanno normalmente a disposizione. Lo strumento più ovvio è la possibilità di svalutare, rivalutare o lasciare ai mercati la possibilità di determinare il valore della valuta nazionale.
Altro strumento molto importante è la possibilità di convogliare trend economici e tassi di interesse sul breve termine. Si tratta di strumenti di fondamentale importanza per un’economia e la loro assenza può essere fonte di potenziali disastri. In altre parole, si tratta degli strumenti in grado di far convogliare le divergenze alla base dei dissesti economici.
Se immaginassimo un’Europa costruita come uno stato nazionale ci renderemmo conto che molti problemi sarebbero risolti. Ma una situazione del genere è lontana dal potersi concretizzare, per non dire utopica del tutto.
A tutto ciò si aggiunga il fatto che in Europa il movimento di prodotti, servizi e forza lavoro incontra molti più ostacoli di quanti non ne trovi in uno stato nazionale. Lingue, culture, educazione e distanza geografica sono tutti elementi che allontanano e complicano l’eventualità di un’Europa come stato.
Il ruolo di Angela Merkel nel presente e nel futuro dell’Euro
Il ruolo della Cancelliera tedesca è oggi quanto mai centrale per il futuro dell’Europa e dell’Euro stesso. La Merkel ha sviluppato una visione così pragmatica dell’UE che in Francia si è guadagnata l’appellativo di "Madame Non".
Infatti, è stata lei a dire "nein" alla governance economica centralizzata UE; "nein" al meccanismo di salvataggio permanente e "nein" anche all’idea degli Eurobond che ha invece definito come "economicamente sbagliati e controproducenti".
Secondo Christensen la gestione della crisi dell’Euro da parte della Cancelliera Merkel è sufficiente a spiegare la disillusione dei cittadini Europei verso l’istituzione Europa, un dato dimostrato nel maggio 2013 dalla ricerca del Pew Center. Qualche mese più tardi, Jacques Delors, Presidente della Commissione Europea durante la creazione dell’Euro, ha duramente criticato quello che egli stesso ha definito un’Europa "punitiva e alienante".
Ma la Cancelliera Tedesca, scrive Christensen, pur essendo Leader dell’UE non è stata in grado di sviluppare una visione proiettata verso il futuro dell’unione monetaria, concentrandosi piuttosto sulle opinioni del proprio elettorato.
L’Europa della Merkel non è punitiva e alienante. È imparziale. La Cancelliera vuole che i membri dell’UE seguano le regole ed assicurino all’Europa un futuro più competitivo. È una risolvi problemi e non c’è nulla di sbagliato nel risolvere i problemi.
Ma la politica è anche la promozione di nuove idee e prospettive. La politica è stabilire prerogative anziché seguire il sentimento populista. E questo la Merkel deve ancora impararlo.
Secondo quanto mostrato dagli ultimi sondaggi, i tedeschi non sono in vena di cambiamenti e probabilmente la Merkel vincerà le prossime elezioni del 22 settembre. A quel punto sarà lei, de facto, leader dell’Unione Europea.
Il futuro di questa valuta disastro sarà determinato dalla volontà di questo ex ricercatore chimico.
Per come la vedo io, la ricerca è conclusa e il verdetto è stato emesso: dobbiamo rivalutare l’Unione Europea.Lars Seier Christensen, 3 settembre 2013