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Economist: il disastro economico del Regno Unito. Ecco cosa Osborne dovrebbe fare
martedì 12 marzo 2013, di
Nel corso degli ultimi 170 anni, l’Economist ha monitorato l’economia britannica attraverso alcune scosse devastanti. La crisi globale del 1857 che ha spazzato via le banche e ha raffreddato la domanda per le esportazioni. La depressione del 1930 che ha colpito duramente il paese. Due guerre mondiali che hanno distrutto case e infrastrutture. Ma ogni volta, cinque anni dopo ciascuno di questi eventi, l’economia tornava a crescere. Non è così questa volta.
Una crisi diversa
La Gran Bretagna sta procedendo a strappi. La Bank of England calcola che la produzione, che ha toccato il picco di £1.5 trilioni nel 2007, non raggiungerà quel livello in termini reali fino al 2015. Con un vento contrario, il paese potrebbe facilmente perdere un decennio. Gli scarsi salari e l’inflazione ostinata stanno erodendo il potere d’acquisto. La sterlina è in calo, e la bilancia commerciale è piatta. Il pessimismo si sta diffondendo: il 12% dei britannici si aspetta che le finanze della propria famiglia miglioreranno il prossimo anno, e il 52% pensa che peggioreranno.
Questa incapacità di crescere non solo danneggia le imprese e le famiglie: rende molto più difficile far quadrare i bilanci. Il cancelliere britannico, George Osborne, sta attraversando un percorso lodevole di austerità che mira a eliminare il disavanzo strutturale di bilancio, attualmente al 3,6% del PIL, e ad iniziare a ridurre il rapporto debito-PIL entro il 2017-18. Ma la crescita lenta sta mettendo l’obiettivo fuori portata. Il debito è passato da £600 bilioni nel 2008 a £1.1 trilioni ora. Gli oneri finanziari governativi sono ancora bassi, perché gli investitori hanno fiducia nel signor Osborne, ma la Gran Bretagna è stata declassata a causa delle preoccupazioni circa la sua crescita a medio termine.
I problemi del Regno Unito
Il prestito rimane un grosso problema. Sebbene la Bank of England abbia spinto i tassi fino a minimi storici, le banche applicano tassi molto più alti alle imprese, il che aiuta a spiegare perché il prestito da parte delle imprese sia diminuito dal 2009. La politica monetaria è parte della risposta. Osborne dovrebbe cospirare con le banche per espandere il loro regime di "finanziamento per i prestiti", che abbassa i costi di finanziamento delle banche commerciali in modo da poter passare questi risparmi.
L’altra priorità è rappresentata dalle infrastrutture. Le ferrovie, le strade, i ponti danno una spinta di crescita maggiore al bilancio pubblico rispetto a qualsiasi altro tipo di spesa. Eppure è qui che i tagli sono stati più profondi. Tra il 2009-10 e il 2011-12, gli investimenti pubblici netti sono crollati da £48.5 miliardi a £28 miliardi.
Anche il regime fiscale potrebbe essere modificato per promuovere la crescita. Uno dei problemi qui è che le aziende non pagano le tasse fino a quando gli uffici e i magazzini non sono costruiti. Sarebbe molto meglio tassare il valore del terreno: ciò costringerebbe i proprietari a vendere a qualcuno che può utilizzare il sito. Una volta in uso, il valore del sito e la tassa aumenterebbero, creando un circolo virtuoso, in quanto i ricavi servirebbero per pagare migliori infrastrutture, rendendo così anche i terreni più di valore.
Quello che Osborne dovrebbe fare di più
Infine, Osborne dovrebbe rendere chiaro che la Gran Bretagna vuole gente di talento. Le iniziative populiste del governo per ridurre l’immigrazione, che dissuadono i giovani e la gente istruita, sono un disastro economico. La maggior parte del calo dell’immigrazione nell’ultimo anno è causato da un calo degli studenti. Questo è un autolesionismo economico che dovrebbe essere invertito.
L’Economist sostiene ancora la spinta dei piani di Osborne per ridurre il deficit in gran parte per mezzo di tagli alla spesa. E respinge l’idea, promossa dal partito laburista, che i problemi economici della Gran Bretagna siano tutta una questione di stretta fiscale. La crisi dell’euro e un sistema finanziario danneggiato sono principalmente la colpa. Ma il cancelliere deve essere molto più audace a stimolare la crescita. Dovebbe trovare almeno la metà dei £28 miliardi che noi proponiamo per le infrastrutture, se non di più.
E dovrebbe essere pronto a prendere in prestito il resto? Se è per una crescita di promozione delle infrastrutture a lungo termine, la risposta è sì: anche £14 miliardi aumenterebbero il debito di appena l’1% del PIL. I critici rideranno, ma i mercati obbligazionari gli concederanno qualche prestito in più nell’interesse della crescita. Dopo tutto, senza la crescita, la Gran Bretagna non sta andando da nessuna parte.
| Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: The Economist |