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Dollaro australiano può perdere il 20% nel giro di 12 mesi. Ecco perché
lunedì 2 novembre 2015, di
Domani la banca centrale australiana dovrebbe lasciare invariato il tasso di interesse centrale (cash rate) al 2%, come da attese degli analisti finanziari, ma la politica monetaria resterà accomodante ancora per molto tempo, a causa del brusco rallentamento dell’economia domestica dovuto alla frenata della Cina e al forte calo dei prezzi delle materie prime. L’Australia sta cercando in tutti i modi di ridurre la sua dipendenza dall’export di commodity verso Pechino (soprattutto minerale di ferro e metalli vari), ma non sarà facile cambiare in poco tempo un modello economico risultato vincente per decenni che ha fatto la fortuna di Sidney e della sua economia.
La Reserve Bank of Australia (RBA) sarà costretta a mantenere inalterata la sua strategia di politica monetaria espansiva per molti mesi ancora, con la possibilità di assistere a nuovi tagli al costo del denaro nonostante sia già ai minimi di sempre. Le ripercussioni sul dollaro australiano non dovrebbero certo essere positive, ma l’eventuale deprezzamento potrebbe rivitalizzare l’export nazionale nell’ambito della competizione commerciale con gli agguerriti concorrenti del Sud-Est asiatico. Insomma ai policy maker di Sidney un cambio dell’Aussie più basso non dispiace affatto.
Se i fondamentali macroeconomici non sorridono alla valuta oceanica, nemmeno l’analisi tecnica sembra venire in soccorso all’ormai ex asset rifugio. Infatti, se si osserva il grafico mensile del tasso di cambio AUD/USD, si può notare che i prezzi sono a un passo dal breakout ribassista di una trendline di lungo termine. Se la rottura dovesse concretizzarsi nei prossimi giorni, l’Aussie potrebbe crollare pericolosamente fino ad avvicinarsi al supporto chiave di 0,60, che corrisponde ai bottom di oltre 5 anni fa. Un calo del genere dai valori correnti equivarrebbe a un deprezzamento shock del 20%. Negli ultimi 4 anni l’Aussie si è già svalutato quasi del 50%.
