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Disabili e lavoro: ennesima figuraccia italiana. L’UE ci boccia senza appello: “norme inadeguate”
giovedì 4 luglio 2013, di
Ennesima bocciatura per l’Italia. Stavolta a tirarci le orecchie ci pensa la Corte di Giustizia europea che, con una sentenza emessa oggi, redarguisce il nostro Paese sulle norme di inserimento dei lavoratori disabili nel mondo del lavoro.
Il giudizio non lascia spazio a repliche: “L’Italia è venuta meno agli obblighi” imposti dal diritto comunitario applicando delle misure “totalmente inadeguate”. Insomma, ancora una volta, ci mostriamo incapaci di rispondere in maniera adeguata agli input europei.
Vari studi dimostrano come il numero di disoccupati tra le persone diversamente abili nei Paesi industrializzati di tutto il mondo raggiunga il 50-70 per cento. Ma si sa, noi italiani ai record teniamo molto e quindi nel nostro Paese si sale addirittura all’80% (a dirlo è uno studio dell’agenzia per il lavoro Page Personnel).
La sentenza
La condanna espressa oggi dalla Corte europea purtroppo non stupisce. La Commissione europea infatti aveva deciso di aprire una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, dato che:
«le garanzie e le agevolazioni previste a favore dei disabili in materia di occupazione dalla normativa italiana non riguardano tutti i disabili, tutti i datori di lavoro e tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro»
La Corte di Giustizia comunitaria sottolinea inoltre che in Italia, l’attuazione delle apposite leggi previste dall’ordinamento europeo e nazionale è stata affidata agli enti locali o a convenzioni che non garantiscono in alcuno modo diritto d’azione in giudizio. Pertanto i giudici di Lussemburgo hanno deciso di confermare l’impianto accusatorio costruito da Bruxelles stabilendo che, qualora il nostro Paese non si adoperi per attuare le dovute modifiche andrà sicuramente incontro ad una nuova procedura di infrazione che, la prossima volta, potrebbe tradursi in pesanti multe.
Il diritto europeo
L’accusa riguarda la mancata applicazione, o comunque l’applicazione incompleta, della direttiva comunitaria del 2000 riguardante la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro.
In riferimento al caso in questione, la norma stabilisce la necessità di mettere in atto delle misure volte a contrastare ogni forma di discriminazione delle persone diversamente abili, nonché l’obbligo, per ogni Stato membro, di varare dei provvedimenti efficaci che consentano ai disabili non solo di accedere al mondo del lavoro e alla formazione, ma anche di svolgere un impiego nelle migliori condizioni possibili.
L’Italia ha recepito in maniera totalmente inadeguata la suddetta direttiva venendo meno agli impegni presi in sede europea.
Alla luce di tutto ciò appare ancora più grave la decisione presa lo scorso 22 maggio dal dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio con la quale si stabilisce la sospensione delle assunzioni delle categorie protette.
L’Europa chiede l’attuazione di azioni positive nei confronti dei diversamente abili e l’Italia risponde con un stop alle assunzioni. Non fa una piega.