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Cuba: quali scenari politico-economici con la fine dell’era Castro?
giovedì 9 febbraio 2017, di
Cuba post-Castro, si avvicina la fine del socialismo duro e puro? Il 2016 è stato per Cuba uno degli anni più importanti degli ultimi decenni. La distensione dei rapporti con gli Stati Uniti, che ha portato alla riapertura dell’ambasciata statunitense sull’isola caraibica e alla storica visita dell’allora presidente Barack Obama su suolo cubano, dopo quasi 55 anni di guerra fredda ha aperto a nuovi interessanti scenari.
Il 2016 per Cuba è stato sì, come detto, un anno ricco di novità, ma anche l’anno in cui il popolo cubano si è ritrovato orfano della propria guida, il lider maximo Fidel Castro. La morte del comandante dell’esercito rivoluzionario cubano, che nel 1959 liberò Cuba dal regime di Fulgencio Batista, ha portato gran parte degli osservatori stranieri - giornalisti, analisti e politici - a domandarsi a chi spetterà raccoglierne l’eredità intellettuale, ideologica e, soprattutto, politica.
Di fatto la domanda circola da ormai quasi dieci anni, quando nel 2008 Fidel decise di ritirarsi dalla vita politica e lasciare in mano al fratello Raul, anch’egli militare dell’esercito rivoluzionario, le redini del paese. La presidenza di Raul Castro è però destinata a giungere a termine a febbraio 2018, ed è proprio quella data ad aprire a interessanti, per quanto imprevedibili, scenari.
Di fatto Cuba da quel momento potrebbe ritrovarsi, per la prima volta dopo quasi sessantanni, un presidente che non prese parte alla rivoluzione cubana, quindi non militare.
Uno ricerca condotta dalla Mexican Law Review in tal senso ha mostrato che da quando Fidel si è ritirato dalla vita politica del paese, Cuba ha attraversato importanti cambiamenti legati allo stile di governo e all’ideologia del paese.
Il fratello Raul non è mai riuscito, ma l’obiettivo era al quanto difficile, a emulare la leadership carismatica che da sempre aveva contraddistinto la presidenza del lider maximo, puntando piuttosto a una strategia di governo più distensiva e collegiale.
Dal punto di vista economico invece, l’economia pianificata di Cuba sembra aver cominciato ad integrarsi con forme di mercato orientate allo scambio.
In prospettiva sono in molti a domandarsi se questi cambiamenti saranno in grado di dare vita ad una nuova era del socialismo cubano e, in seconda battuta, chi sarà a guidare Cuba quando nel 2018 Raul Castro lascerà l’incarico di presidente. Quello che è sicuro è che non sarà un barbudos a prendere il suo posto. La rivoluzione cubana è destinata a finire?
Cuba post-Castro: fine della leadership carismatica
Il ritiro dalla politica di Fidel Castro nel 2008 ha significato per Cuba la fine di un’epoca contrassegnata dalla leadership carismatica. Il passaggio del testimone tra i fratelli Castro, nonostante per anni Fidel da dietro le quinte abbia continuato ad avere una certa influenza sulle sorti politiche di Cuba, ha comunque garantito al partito comunista di poter proseguire sul solco tracciato negli anni dalle politiche dell’ex lider.
Il vero punto di svolta è stato rappresentato dal Sesto congresso del Partito Comunista cubano tenutosi nell’aprile del 2011, in cui la classe dirigente ha cominciato a prendere in considerazione i futuri scenari.
In quella sede Raul Castro annunciò l’introduzione di un’importante regolamento che fissava un massimo di due mandati quinquiennali per tutti i funzionari pubblici. Il che, tradotto, significherebbe che la presidenza di Raul sia destinata a giungere a termine a febbraio 2018 aprendo così la rincorsa a chi sarà il prossimo leader destinato a guidare Cuba.
Nel 2013 il ministro dell’Educazione, Miguel Diaz-Canel, è stato promosso da Raul Castro primo vice presidente del Consiglio di Stato, un fatto storico visto che Diaz-Canel non ha avuto un passato da militare rivoluzionario e data l’importanza che tale ruolo ricopre: in caso di “malattia, viaggio o altro impedimento”, infatti, è proprio il vice presidente a fare le veci del suo superiore.
La nomina di Diaz-Canel a ragione è stata quindi interpretata da molti come un chiaro segnale in vista di una fine della dinastia Castro.
Quel che è certo è che nel 2018 per la prima volta nella storia moderna di Cuba il capo del Partito Comunista non sarà la stessa persona che guiderà il paese da presidente e, soprattutto, non sarà un Castro.
Cuba post-Castro: verso il socialismo di mercato
Durante il sopracitato Sesto congresso tenutosi nel 2011 il partito Comunista aveva inoltre approvato che da quel momento il paese si sarebbe aperto, per la prima volta dopo decenni, a un’economia di mercato che avrebbe preso in considerazione un tipo di sistema che si sarebbe basato sullo scambio e non più esclusivamente sulla pianificazione centralizzata.
Il nuovo corso economico di Cuba definito da molti “socialismo di mercato” negli ultimi anni ha quindi dovuto provare a far conciliare i vantaggi offerti dal mercato, inteso come sistema di scambio, con la proprietà collettiva dei mezzi di produzione di stampo prettamente socialista.
L’Ufficio Nazionale di Statistica cubano nel 2015, dopo la svolta del Sesto congresso, ha rilevato che il 71% dei lavoratori cubani figuravano come impiegati statali, circa l’80% in meno rispetto al 2007, e allo stesso tempo ha mostrato con il numero di lavoratori autonomi (per lo più in aree urbane) sia cresciuto da 141.600 del 2008 a 500.000 del 2015.
Dal 2008 al 2014, inoltre, più di 1,58 milioni di ettari di terreni incolti è stato trasferito dallo Stato nelle mani dei privati.
Queste statistiche evidenziano come a Cuba il mercato non sia più considerato come un nemico, ma piuttosto come un elemento laterale del programma economico del paese. L’ultimo Congresso del Partito comunista cubano tenutosi nel giugno 2016 ha approvato di procedere verso una ulteriore liberalizzazione del mercato affermando che “lo Stato riconosce e integra il mercato nel funzionamento del sistema di gestione pianificata dell’economia”.
Il nuovo sistema politico cubano
L’ascesa del socialismo di mercato insieme alla fine della leadership carismatica e alla riapertura dei rapporti con il nemico di sempre degli Stati Uniti - a prescindere da quello che sarà l’atteggiamento che Donald Trump intenderà assumere nei confronti di Cuba - sono tra gli aspetti che più di altri hanno lasciato intravedere nuovi orizzonti per il futuro di Cuba.
Il popolo cubano difficilmente rinuncerà alle proprie tradizioni e alla propria indipendenza così come la nuova classe dirigente difficilmente riuscirà a godere della stessa legittimità di cui hanno goduto i padri fondatori, uno su tutti, Fidel Castro. Il passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova leadership sarà quindi un momento molto delicato da cui dipenderanno le sorti di Cuba. Quel che è sicuro è che all’orizzonte si profilano nuovi importanti cambiamenti destinati a dare inizio a un nuovo capitolo dell’orgogliosa storia cubana.