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Contributo scolastico volontario: sono le famiglie a sostenere la scuola italiana
giovedì 26 febbraio 2015, di
Il contributo scolastico volontario, istituito dalla legge 40/2007 come ‘erogazione liberale’ e facoltativa, costituisce ormai l’unica entrata certa e cospicua di cui dispongono le scuole italiane di ogni ordine e grado.
La progressiva diminuzione del fondo per il funzionamento degli istituti, erogato annualmente dall’amministrazione centrale, ha ormai raggiunto livelli insostenibili e non garantisce più la copertura delle spese ordinarie per la gestione delle scuole.
Per anni, le scuole hanno fatto anticipi di cassa, prendendo a prestito dal contributo scolastico i soldi per pagare in molti casi anche i supplenti o i commissari d’esame e accumulando crediti nei confronti del Ministero dell’Istruzione che ammontano oggi a centinaia di milioni di euro.
Costantemente riportati dai dirigenti scolastici tra i residui attivi dei bilanci annuali e mai riscossi, con una recente circolare il Ministero sta imponendo la loro radiazione.
Cioè, in buona sostanza, lo Stato è un debitore insolvente e impunito, che sta dicendo alle scuole che quei soldi non glieli darà mai. Contemporaneamente, riduce drasticamente i suoi finanziamenti ordinari, quelli destinati al pagamento dell’incentivazione e degli straordinari del personale docente e non docente, mettendo letteralmente le scuole in ginocchio.
Così, giocoforza, si attinge a mani basse al contributo volontario delle famiglie, quella tassa occulta che ogni anno si versa al momento dell’iscrizione e che dovrebbe essere destinata esclusivamente al potenziamento dell’offerta formativa.
In molte scuole si arriva anche a 200 euro per studente, senza contare che ogni attività extrascolastica viene ulteriormente pagata dalle famiglie.
Quest’anno, persino la diaria dei docenti accompagnatori nei viaggi d’istruzione è caricata sulla quota dello studente.
La privatizzazione della scuola pubblica, resa possibile dalla legge sull’autonomia, avanza a tappe forzate. Nella proposta di riforma del Governo si dichiara apertis verbis che non si può più pretendere una scuola pubblica gratuita e che si devono perseguire partnership con investitori privati.
Una proposta indecente. La scuola pubblica già oggi si sostiene grazie ai soldi delle famiglie mentre contemporaneamente, e paradossalmente, centinaia di milioni di euro vengono erogati, direttamente e indirettamente, alle scuole private paritarie, in spregio del dettato costituzionale.
Qualcuno dice che occorre vigilare sull’uso che si fa del contributo, ricordando che è volontario e non obbligatorio e che può essere parzialmente portato in detrazione fiscale. Qualcun altro, invece, ne propone l’abolizione, per inchiodare i decisori politici alle loro responsabilità.
Perché non è possibile, oltre che contro ogni logica, che l’Italia sia uno dei pochi paesi del mondo dove la scuola è considerata una pesante zavorra di cui disfarsi e non un proficuo investimento per il futuro.
Articolo a cura di Anna Angelucci – Coordinamento scuole secondarie Roma