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Conte crea, Salvini distrugge: sui migranti il premier è ostaggio del ministro
venerdì 22 giugno 2018, di
Come era facile intuire, la prima grande questione che il governo del cambiamento è chiamato ad affrontare è quella dell’immigrazione. Al Consiglio Europeo di fine mese, l’Italia infatti è chiamata a strappare un buon accordo per non rimanere di nuovo sola, assieme alla Grecia, nella gestione dei migranti.
Il governo però si sta muovendo in due direzioni: da una parte c’è il premier Giuseppe Conte che punta al dialogo con l’asse Francia-Germania, dall’altra c’è il ministro degli Interni Matteo Salvini che guarda invece a Est verso i paesi di Visegrad e all’Austria.
Le posizioni in Europa sui migranti
Per capire bene la tipologia di partita che si andrà a giocare al Consiglio Europeo, è bene specificare che saranno due i grandi temi oggetto di discussione: la questione immigrazione e la definizione del bilancio del prossimo settennio dell’Unione.
Per quanto riguarda i migranti l’Italia punta a una revisione del trattato di Dublino, che è il regolamento che impone al nostro paese di farsi carico delle richieste di asilo dei migranti che arrivano sulle nostre coste in quanto paese di primo approdo.
Il secondo punto è il rispetto dell’accordo sulla ripartizione dei migranti: visto che Italia e Grecia non possono sostenere tutti questi arrivi, Bruxelles aveva deciso per una ripartizione dei migranti per quote in tutti i paesi dell’Unione. Peccato però che questo accordo non è mai stato rispettato.
Al momento chi è al fianco dell’Italia in questa battaglia? Tranne la Grecia, appena uscita dalla Troika ma sempre con il fiato dei creditori sul collo, soltanto la Spagna potrebbe appoggiare la linea nostrana.
Tutto il blocco Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Unghieria) è assolutamente contrario a una revisione di Dublino, così come l’Austria, rifiutandosi inoltre di accogliere anche un solo migrante per quanto riguarda la questione dei ricollocamenti.
Chi ha dimostrato una possibile apertura è invece la Francia. A Emmanuel Macron più che i migranti preme molto il secondo argomento che sarà in discussione, quello del bilancio, spingendo da tempo per una Eurozona pronta a maggiori investimenti.
Macron quindi potrebbe appoggiare l’Italia in cambio del sostegno alla sua proposta sul bilancio, ma il nostro paese è stato battuto sul tempo da una Germania che sta vivendo un periodo di crisi di governo.
Angela Merkel infatti era anch’essa propensa ad aprire alle istanze italiane, ma il suo ministro dell’Interno, il bavarese del Csu Horst Seehofer, le ha imposto minacciando di uscire dalla maggioranza (i voti del Csu sono vitali per la tenuta del governo) la linea dura della chiusura delle frontiere.
Da qui è nato il patto Francia-Germania, con la Merkel che ha dato il suo consenso al piano transalpino sull’Eurozona e Macron che viceversa ha appoggiato la linea dura sui migranti che Seehofer è riuscito a imporre alla cancelliera.
In questo scacchiere l’Italia dovrà fare le sue mosse. Domenica ci sarà un vertice dove il nostro paese incontrerà Spagna, Francia e Germiania, allargato poi anche ad altri stati membri come Malta, Olanda e Belgio, mentre in contemporanea si riuniranno anche i paesi di Visegrad assieme all’Austria.
Le mosse di Conte e Salvini
Fin dal suo arrivo a Palazzo Chigi, Giuseppe Conte ha cercato di rafforzare i legami con quelli che sono i partner storici dell’Italia. Dopo gli incontri con i principali leader mondiali, il nostro premier aveva avuto una reazione molto stizzita dopo l’accordo Francia-Germania sui migranti, minacciando anche di non partecipare al vertice di domenica.
Una presa di posizione che ha portato a una parziale retromarcia da parte della Merkel e di Macron, ma senza dubbio molto ancora dovrà essere fatto per riuscire a strappare un buon accordo al Consiglio Europeo.
Matteo Salvini invece ha più volte tessuto le lodi dei paesi del blocco Visegrad (quelli che non vogliono rivedere Dublino o accollarsi le proprie quote di migranti), incontrato il suo corrispettivo austriaco (posizioni come Visegrad) e sentito telefonicamente Horst Seehofer (quello che vuole imporre alla Merkel la chiusura delle frontiere e autore del patto che ha fatto infuriare l’Italia).
Mentre Conte cerca di mediare con gli unici paesi che potrebbero aprirsi alle istanze dell’Italia, Salvini si schiera con chi non vorrebbe approvare mai nessun testo che cambi l’attuale status quo.
Che senso ha allora la strategia del nostro ministro dell’Interno? Oltre a una affinità di fondo con chi governa i paesi del blocco Est, che però non affacciano sul Mediterraneo, c’è l’idea di imporre all’Europa un piano d’azione teso a intervenire a proteggere i confini a Sud del continente.
Quindi un aumento delle navi nel Mediterraneo per fermare le partenze, creando poi direttamente in Africa degli hotspot dove i migranti vengano identificati e, nel caso, rispediti nel loro paese di origine. Per il resto però tutto rimarrebbe come è adesso.
Le criticità a riguardo però sono molte: il mare è comunque sempre difficile da controllare e gli arrivi ci saranno sempre, con l’Italia che continuerebbe a farsi carico da sola delle gestione dei migranti sbarcati nel nostro paese.
Stringere accordi con i paesi africani poi non è mai facile anche per la mancanza di interlocutori credibili, vedi Libia, senza contare che anche qui è impossibile pattugliare una zona immensa come il Sahara, con il deserto che è la rotta di avvcinamento dalla parte continentale dell’Africa verso la costra mediterranea.
Il rischio di un piano del genere quindi sarebbe quello di un grande sperpero di soldi, di alimentare la crisi umanitaria dei migranti presenti in Nord Africa e non risolvere nulla per il nostro paese che sarebbe sempre costretto a gestire da solo gli arrivi.
Per prima cosa quindi si deve modificare il trattato di Dublino e imporre il rispetto delle quote di ripartizione: per fare questo però bisogna parlare, come fa Conte, con chi potrebbe essere disposto ad ascoltarti.
Fare squadra con chi invece non ha la minima intenzione di aiutarti, come sta facendo Salvini, potrebbe essere una tattica suicida a meno di un convinto e massiccio intervento dell’Europa in Africa, ipotesi questa al momento molto difficile.