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Come risolvere la crisi dell’Europa del Sud? Bisogna imparare dall’Europa dell’Est!
lunedì 25 novembre 2013, di
Il disordine fiscale del Sud Europa è stato la miccia che ha fatto esplodere la crisi nel continente. Nel gennaio del 2010 la Commissione Europea scoprì che il governo greco aveva truccato i dati di bilancio dello Stato, ritoccando al ribasso l’ammontare di debito pubblico in circolazione. Ciò ha contribuito a minare la fiducia degli investitori sui certificati di debito del governo greco ed il drammatico aumento nei tassi d’interesse ha forzato Bruxelles a impedire il default ellenico. Il governo ha dunque ricevuto un pacchetto di aiuti in cambio dell’impegno ad adottare severe riforme strutturali dell’economia.
Nel corso del primo salvataggio (2010-2012), il paese ha ricevuto circa 240 miliardi di euro di aiuti. Nell’ottobre del 2011 gli investitori privati accettarono di vedersi letteralmente cancellare 105 miliardi di euro di debito greco. Entro il 2016 si prospetta un nuovo piano di aiuti pari a circa 130 miliardi di euro. La reale effettività di queste misure ha però destato, e continua tutt’ora a destare, seri dubbi.
Gli effetti dell’austerità sulla Grecia
A partire dallo scoppio della crisi, il debito pubblico greco è cresciuto vertiginosamente, dalla soglia del 133,3% del Pil nel primo trimestre del 2010 al 156,9% nel quarto trimestre del 2012. Il tasso di disoccupazione è cresciuto dal 10,9% del gennaio 2010 al 27,1% del Gennaio 2013. Come risultato si è assistito ad una riduzione del 25% dei livelli di attività economica nel corso degli ultimi 5 anni. Inoltre, la crisi è stata accompagnata da una forte instabilità politica. Dal 2009 fino ad oggi, infatti, si sono succeduti ad Atene ben 4 governi differenti.
La politica anti-crisi della Lettonia
La Lettonia ha scelto invece un altro modello di politica anti-crisi. Nel 2009 la repubblica Baltica ha avuto gli stessi problemi della Grecia. In quell’anno l’economia lituana ha sperimentato una riduzione dei livelli di attività del 17,7%, il tasso di disoccupazione è cresciuto fino a raggiungere quota 21%, mentre il deficit di bilancio è arrivato a quota 9,8% del Pil. Nel marzo del 2009 Valdis Dombrovkis divenne capo del governo. A quel tempo alcuni economisti, tra i quali Krugman, pensavano che una svalutazione della moneta fosse inevitabile.
Ciò nonostante, il capo del governo Dombrovskis rifiutò di svalutare il lats lettone allo scopo di evitare una forte inflazione interna, visto che il tasso di crescita dell’indice dei prezzi al consumo nel 2008 era stato pari al 15,6%.
Svalutazione interna in Lettonia
Prese piede allora un forte consenso tra i parlamentari lettoni sull’entrata nell’Euro del paese. Come risultato, il paese si è imbarcato sulla rotta della "svalutazione interna", tagliando la spesa pubblica del 13% del Pil tra il 2009 e il 2010. I tagli vennero applicati a tutte le fasce di reddito. In primo luogo, lo stipendio del primo ministro venne ridotto del 35% ed un terzo degli impiegati statali vennero licenziati.
In secondo luogo, il programma anti-crisi venne implementato piuttosto rapidamente.
Come mostra il caso greco, tuttavia, i cittadini non possono sopportare alla lunga tali sacrifici. I paesi dell’Europa occidentale non hanno ancora mai sperimentato simili vessazioni.
Conseguenze politiche dell’austerità in Lettonia
Le riforme attuate furono un successo. La prova risiede nella crescita dell’economia lettone nel 2011 (5,5%) e nel 2012 (5,6%). Nel febbraio 2013, il tasso di inflazione annuale scese all’1,8%, mentre a Dicembre 2012 la disoccupazione scese al 14,3%. Nel 2014 la Lettonia diventerà il diciottesimo paese membro dell’Eurozona. C’è da dire, però, che la crisi ha causato una forte migrazione dal paese. Nel corso degli ultimi 4 anni, la città di Riga ha perso cento mila dei suoi cittadini. Un simile fenomeno migratorio ha fatto perdere gran parte dell’elettorato al partito dell’Unità, che detiene la maggioranza all’interno del parlamento.
Nel corso delle elezioni parlamentari del 2011 fu il terzo partito per numero di voti. In ogni caso, Dombrovskis è diventato primo ministro. Le altre due repubbliche baltiche, Estonia e Lituania, hanno seguito il sentiero percorso dalla Lettonia. I programmi di austerità in questi paesi non hanno però condotto a migrazioni di massa. Inoltre, le tre repubbliche Baltiche non hanno accumulato elevati livelli di debito pubblico come i paesi del sud europa. Alla fine del 2012, il rapporto debito/Pil in Estonia (10,1%), Lettonia (40,7%) e Lituania (40,7%) era al di sotto del 60%.
Grazie a ciò l’Estonia è entrata nell’Euro nel 2011. La Lituania potrebbe aggregarsi nel 2015. L’esempio delle repubbliche Baltiche mostra come l’elettorato possa effettuare una scelta responsabile nei periodi di crisi.
L’Europa del sud deve imparare dall’Europa dell’est
Una possibile soluzione ai problemi fiscali dei paesi del Sud Europa può essere trovata nella riforma del sistema di tassazione e nel taglio alla spesa pubblica. Come mostra il caso lettone, i contribuenti possono anche dare supporto ai programmi di austerità, ma l’implementazione di misure anti-crisi non può essere portata troppo in là nel tempo. Una riforma fiscale unica potrebbe inoltre aiutare i paesi dell’area monetaria a superare la crisi.
Una tassa unica per i PIGS
Non è un segreto che l’attuale disordine finanziario sia stato causato in parte dalle pratiche dell’evasione fiscale nei PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna). La Russia ha avuto gli stessi problemi a metà degli anni ’90. In seguito al default del 1998, il governo introdusse una tassa unica sul reddito del 13%. Ciò ha comportato un deciso aumento delle entrate del bilancio pubblico. Alcuni paesi dell’est europa hanno seguito l’esempio russo nella fase di transizione post-comunista. A Bruxelles simili misure sono probabilmente considerate "da ultimo stadio". Tuttavia, non potrebbe esserci periodo migliore di una crisi così profonda per attuare provvedimenti straordinari.
L’autore
Kirill Rodionov è un ricercatore presso la Russian Presidential Academy of National Economy and Public Administration di Mosca. I suoi articoli d’opinione e scientifici, pubblicati in giornali e riviste russe, trattano principalmente dei problemi legati alla transizione post-socialista in Russia. E’ anche un attivista all’interno del partito russo all’opposizione "Scelta Democratica", guidato da Vladimir Milov.
Libera traduzione da Kirill Rodionov per Economonitor