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Come l’Italia finanzia l’ISIS comprando il suo petrolio: l’accusa
mercoledì 2 agosto 2017, di
L’Italia finanzia l’ISIS? Quella che inizialmente è stata concepita come una semplice ipotesi si è mostrata sempre più aderente alla realtà dei fatti.
Al centro della questione c’è ancora una volta il petrolio, attorno al quale è nato un vero e proprio traffico illegale che sta rimpolpando le casse dell’autoproclamato Stato Islamico.
Il petrolio dell’ISIS, quello cioè derivante dai pozzi situati nei territori controllati dallo Stato Islamico, potrebbe essere finito in Italia. In che modo? Con l’aiuto della mafia, a quanto pare.
La questione è così seria da essere finita in un report riservato del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza. Se il legame tra mafia, Stato Islamico e petrolio fosse definitivamente accertato si aprirebbero le porte ad una nuova consapevolezza: anche l’Italia finanzia l’ISIS tramite il greggio.
Il percorso del petrolio
Come fa il petrolio a partire dai pozzi ISIS e a giungere indisturbato in Italia nei motori delle nostre automobili? Secondo quanto recentemente riportato da La Repubblica, e ancora secondo quanto ripreso con sorpresa da numerose testate giornalistiche internazionali, i carichi di petrolio illegale passano nel tratto di acque internazionali a sud di Malta.
Le navi salpate di nascosto dalla Libia spengono i trasmettitori di bordo e spariscono dalla vista dei radar. Stessa cosa fanno quelle provenienti da Russia e Turchia. In quel lasso di tempo avviene, in modo del tutto invisibile, il carico clandestino di petrolio. I radar si riaccendono e le navi libiche tornano a casa, mentre quelle russe e turche si dirigono (piene di petrolio clandestino) verso l’Europa e l’Italia.
A cancellare le tracce in quanto intermediari, e tramite l’emissione di documenti falsificati, sarebbero alcune società di brokeraggio sia italiane che maltesi. È questo il tragitto su cui le indagini si stanno focalizzando.
“È possibile ritenere che le importazioni di petrolio da zone sottoposte al controllo delle organizzazioni terroristiche abbiano come terminali anche le principali raffinerie italiane”,
si legge nel report della GdF.
In alcune recenti indagini compiute su depositi italiani le autorità hanno riscontrato quantità di greggio libico e siriano superiore a quanto attestato dai documenti di viaggio. Quel petrolio potrebbe anche provenire dai pozzi dell’ISIS anche se nessuno si è ancora sbilanciato sul caso.
Il ruolo della mafia
Come è stato ripetutamente sottolineato da più parti, i maggiori punti di contatto tra la criminalità organizzata e il terrorismo sono la droga e il petrolio. La mafia italiana riesce a far arrivare il petrolio di contrabbando prima creando false società all’estero, poi accreditandosi come esportatori abituali, ancora vendendo ai gestori di pompe a prezzi inferiori e infine chiudendo le società fittizie una volta terminato il ciclo.
Perché la mafia dovrebbe aiutare l’ISIS a contrabbandare petrolio? La motivazione è ovviamente economica e ha a che vedere sia con la possibilità di evadere l’Iva sia con l’attività di riciclaggio di denaro.
Il nodo finanziamenti
In molti hanno tentato di mettere in luce come i finanziamenti all’ISIS provengano non soltanto dai Paesi più noti, ma anche da alcuni europei, Italia compresa. Già nel 2015 alcune fonti avevano parlato di 50 milioni di dollari al giorno guadagnati dall’ISIS grazie all’acquisto europeo del suo petrolio di contrabbando.
I militanti venderebbero il proprio greggio ad un prezzo piuttosto basso di circa 30, al massimo 35 dollari al barile. Qualche anno fa, Mehmet Ali Ediboglu, parlamentare dell’opposizione ad Ankara, aveva quantificato il giro d’affari ISIS in 800 milioni di dollari l’anno.
Non essendovi ancora prove schiaccianti, ma soltanto una serie infinita di briciole e indizi, la domanda principale rimane: l’Italia finanzia l’ISIS tramite il petrolio?