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Brexit: sindaco di Londra favorevole ad un voto sull’accordo finale
mercoledì 27 settembre 2017, di
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha dichiarato di non vedere "ancora progressi sufficienti" sul fronte Brexit. Questa è stata la sua dichiarazione al termine di un incontro con Theresa May a Downing Street. Per lui e chiaramente per tutta l’Ue il tema delle relazioni future post Brexit fra Ue e Regno Unito non possono essere ancora oggetto di trattative fin quando non vi saranno accordi sui punti che sono in discussione a Bruxelles dove lunedì è iniziato il quarto round del negoziato. Ha detto che che le parti "stanno lavorando e lavoreranno".
Il Sindaco di Londra Sadiq Khan è favorevole ad un secondo referendum sulla Brexit. Lo ha dichiarato in una intervista rilasciata all’Evening Standard durante la conferenza annuale del Labour, il cui programma non prevede però una seconda consultazione popolare in merito. La proposta di Khan è quella di far votare i britannici sull’accordo finale al termine dei negoziati sul divorzio da Bruxelles e chiede che questo impegno venga messo nero su bianco nel prossimo manifesto elettorale del partito d’opposizione perché la leadership laburista si è mostrata molto prudente ma non lo esclude.
L posizioni sono diverse anche se sul tema: ci sono aperture di rilievo come ad esempio quelle del Cancelliere dello Scacchiere ombra, John McDonnell e di un fedelissimo del leader Jeremy Corbyn, Andrew Gwynne, che non esclude la possibilità di un nuovo voto.
Conto della Brexit, confini irlandesi e diritti dei cittadini Ue: sono questi i punti caldi del negoziato. Com’è noto l’articolo 50 del trattato dell’Unione europea ordina che per un massimo di due anni si deve trovare un accordo per l’uscita di uno stato membro che ha fatto richiesta e il Regno Unito a fine marzo del 2019 sarà definitivamente fuori dall’Ue se non verrà sottoscritta una proroga come richiesta da Theresa May nel suo discorso a Firenze il 22 settembre.
Se non ci sarà un accordo il Regno Unito si troverà in pratica anche senza accordi commerciali e doganali con l’Unione Europea, che è al momento il suo principale partner commerciale. A ottobre avrebbero dovuto iniziare le trattative per gli accordi commerciali, trattative che saranno probabilmente rimandate. Fino ad oggi l’Unione Europea e il Regno Unito non sono riuscite ad accordarsi su come esattamente si dovranno separare e quanto dovrà costare al Regno Unito questa Brexit. L’unico modo per allungare la scadenza fissata dall’articolo 50 sarebbe una votazione all’unanimità di tutti gli altri 27 membri dell’Unione, un’eventualità ritenuta molto improbabile.
A Firenze la May ha cercato di sbloccare le trattative facendo un discorso molto aperto, possibilista e ottimista. Ha chiesto in pratica alla Ue di essere «creativi» e di trovare soluzioni originali e non ancora sperimentate per portare avanti i negoziati. Ha fatto il giro del mondo la dichiarazione «Vogliamo che restiate» riferendosi ai circa seicentomila italiani residenti nel Regno Unito preoccupati delle conseguenze che la Brexit avrà su di loro e naturalmente nel Regno Unito non ci sono solo italiani anche se ha assicurato che tutti i cittadini dell’Unione Europea che già risiedono nel Regno Unito non subiranno conseguenze dopo la Brexit. Chiaramente questo è il punto più importante per chi è già residente nel Regno Unito e l’Ue vuole che non dovranno essere obbligati a ottenere status particolari per continuare a risiedere per studiare o per lavorare, e -cosa importante- non dovranno nemmeno essere registrati su elenchi speciali o subire altri trattamenti particolari. L’altro punto su cui May ha fatto un’apertura molto importante è quello degli “obblighi finanziari” che il Regno Unito ha nei confronti dell’Unione.
Un accordo sulla Brexit è necessario per il Regno Unito, diversamente la sua economia potrebbe avere una svolta negativa perché al momento non pare che abbia incrementato il numero dei partner o che sia lanciata in nuovi mercati. Ovviamente considerando il cospicuo numero dei cittadini Ue e non Ue anche che vi risiedono per lavoro una destrutturazione dell’economia inglese sarebbe molto penalizzante in particolare per loro.