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Italia: la condanna a bassa inflazione e alta disoccupazione è inevitabile? Il caso della Bielorussia

martedì 1 marzo 2016, di Luca Pezzotta

In Italia è tristemente noto che il tasso di disoccupazione generale ed il tasso di disoccupazione giovanile siano, ormai, a livelli mai rilevati in precedenza.
Al momento, nonostante le continue riforme del mercato del lavoro, varate ed implementate dall’inizio della crisi, non ci sono segnali evidenti senza un cambio di politiche fiscali all’orizzonte che facciano ritenere probabile una loro significativa diminuzione nel breve, ma pure nel medio, periodo.

Il DEF del Ministero dell’economia e delle finanze sembra prevedere un NAIRU (non accelerating inflation rate unemployment – tasso di disoccupazione a inflazione stabile) attorno all’11% percento.

A parte il fatto che a forza di preoccuparci dell’inflazione stabile siamo arrivati alla deflazione, ciò vorrebbe dire che per tenere bassa l’inflazione nelle attuali condizioni saremmo condannati ad un alto tasso di disoccupazione.

Disoccupazione-inflazione: il rapporto è davvero inverso?

Questo modo di vedere come inverso il rapporto tra disoccupazione ed inflazione è un risultato dovuto ad un’interpretazione che parte dall’adozione di modelli come, per esempio, la Curva di Phillips, oppure quello del Tasso naturale di disoccupazione di friedmaniana memoria.

Ovviamente non è delle caratteristiche di questi modelli, o degli economisti che li hanno proposti e teorizzati, che ci interessa parlare ora ma è sufficiente sapere che gli stessi modelli stabiliscono una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione e che, in base a ciò, il nostro governo ha stimato un tasso di disoccupazione, a inflazione stabile, attorno all’11% per l’Italia.

Di conseguenza, saremmo “condannati” a questi alti livelli di disoccupazione per avere una bassa inflazione o un’inflazione stabile.

Come appena detto non è nemmeno minimamente possibile, nella presente sede, riassumere la diatriba storica tra gli autori di tali modelli ed i loro detrattori, per cui ci limiteremo a valutare l’inflazione e la disoccupazione in relazione ad un singolo caso concreto che se, in prima battuta, non sembra “sconfessare” quei generi di modelli, in seconda battuta, però, non sembra nemmeno avallarli tout court.

L’esempio della Bielorussia

Il paese del quale parliamo è, come si può facilmente evincere dal titolo dell’articolo, la Bielorussia. Il tasso di inflazione rilevato in Bielorussia a fine 2015 era dell’11,4%; mentre la disoccupazione era allo 0,5%. Innanzitutto, se volessimo essere ottimisti, come spesso è richiesto di essere, invece che guardare al tasso di inflazione, guarderemmo a quello di disoccupazione e noteremmo che, in Bielorussia, la piena occupazione non è un miraggio ma, praticamente, una realtà.

Certo, qualcuno potrebbe ancora storcere il naso ed avanzare l’eccezione che un’inflazione dell’11,4% sia comunque troppo elevata e, confrontandola con quella molto bassa dell’Italia (talmente bassa da arrivare alla deflazione) e con l’alto tasso di disoccupazione della stessa, arrivare alla conclusione che sarebbe proprio l’alto livello di inflazione in Bielorussia a portare così in basso il suo tasso di disoccupazione, avallando ancora l’ipotesi che ci sia, anche in questo singolo caso concreto, una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione.

Riportiamo allora il grafico sotto che mostra gli andamenti del tasso di inflazione bielorusso (linea continua azzurra, scala di sinistra) e quello di disoccupazione (linea puntinata nera, scala di destra) da inizio anni ’90.

La prima cosa che si nota sono i pazzeschi livelli di inflazione della prima metà degli anni ’90, mentre dalla seconda metà anni ’90 gli stessi cominciano a scendere in picchiata praticamente verticale.

E, nonostante la fortissima diminuzione dell’inflazione, non si nota un’esplosione della disoccupazione, bensì, invece, nella seconda metà degli anni ’90, la stessa scende a livelli ancora inferiori, arrivando quasi al 2%.

Dopodiché l’inflazione, in Bielorussia, salvo due picchi a fine anni ‘90 e nel 2012, si stabilizza a livelli elevati se paragonati a quelli italiani, ma molto bassi se paragonati a quelli precedenti; mentre la disoccupazione continua bellamente a scendere, fino ad arrivare all’odierno 0,5%, con un tasso di inflazione dell’11,4%. Per coloro che preferiscono un tasso di inflazione più basso, segnaliamo che nel 2006, per esempio, la disoccupazione, sempre in Bielorussia, era all’1,1%, mentre nell’ottobre dello stesso anno l’inflazione era al 6,2%.

Quello che però preme far notare è che non è possibile osservare, nel caso della Bielorussia, un rapporto inverso tra la disoccupazione e l’inflazione negli anni in presi i considerazione nel grafico.

Ora, anche ammesso e non concesso che ci sia una relazione inversa tra inflazione e disoccupazione, quale sarebbe comunque la situazione preferibile?! Quella di avere un’inflazione maggiore e una disoccupazione minore o l’inverso?! Restando fuori dalle ipotesi estreme di un’inflazione troppo elevata o di iper-inflazione (fenomeni comunque deleteri e non desiderabili) potremmo metterla in questi termini: un occupato che perde una parte del suo potere d’acquisto a causa dell’inflazione potrà permettersi di acquistare meno beni, ma qualcosa potrà comunque acquistare anche se i prezzi salgono; invece, un disoccupato non ha potere d’acquisto e, quindi, non può permettersi nulla nemmeno se i prezzi scendono!

Inoltre, la Bielorussia è un paese con meno di 10 milioni di abitanti, un PIL di 71,7 mld di $ (2013) e la sua moneta è il rublo bielorusso. Cioè, un paese con un PIL risibile se paragonato a quello italiano e con una moneta come il rublo bielorusso riesce, attualmente, ad arrivare vicino alla piena occupazione (se non vogliano considerare lo 0,5% di disoccupazione piena occupazione), seppur con un’inflazione all’11,4% e, nel recente passato, era arrivato ad avere la disoccupazione all’1,1%, con un’inflazione anche al 6,2%.
Mentre l’Italia, nell’Eurozona, con la moneta forte - quella che ci protegge e che ci avrebbe fatto lavorare un giorno in meno guadagnando come se avessimo lavorato un giorno in più - applicando modelli che, invece, non sembrano aver riscontro nei dati bielorussi, è in deflazione e con una disoccupazione superiore al 12%.
E questo è quello di cui ci dobbiamo accontentare? Essere disoccupati per avere una bassa inflazione?

Esiste una soluzione preferibile?

Ed inoltre, invece, se ammettessimo che ci fosse questa relazione inversa, siamo sicuri che una situazione come quella della Bielorussia nel 2006 con l’1,1% di disoccupazione ed un’inflazione al 6,2% non fosse migliore di quanto sia la nostra attuale? O che la nostra situazione attuale sia migliore di quella attuale della Bielorussa?
Oppure, siamo sicuri che sia meglio avere il 10% di disoccupazione ed il 2% di inflazione, piuttosto che il 10% di inflazione ed il 2% di disoccupazione? Se guardiamo a “come siamo messi”, probabilmente sarebbe meglio avere un’inflazione un po’ più alta - ricordiamo che siamo ben al di sotto dell’obiettivo di inflazione al 2% che si propone la BCE - e una minore disoccupazione.

Forse sarebbe meglio cominciare a non accettare più acriticamente quello che ci viene continuamente ripetuto sulla base di modelli, ipotesi, interpretazioni ed idee che sono vetuste, irreali, obsolete ed in alcuni casi contraddette addirittura dai numeri e dai fatti; e che sembrano volerci propinare la solita solfa che TINA (there is no alternative - non ci sono alternative): o alta disoccupazione o alta inflazione! scegliendo sempre per la prima: perché tanto la disoccupazione per lorsignori è sempre quella degli altri, mentre un’inflazione un po’ più alta potrebbe erodere i loro cospicui patrimoni.

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