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Il sacrificio di Charlie Kirk cambierà le università americane
venerdì 26 settembre 2025, di
Le università americane hanno dunque raggiunto un punto di svolta? Dopo anni, anzi decenni di dominio della ideologia di sinistra che aveva creato un clima da assolutismo mono-culturale di pensiero unico, l’assassino di Charlie Kirk in Utah ha davvero avviato quel “turning point”, quel cambio di direzione che sembrava impossibile? E che (profeticamente?), era il nome scelto dal fondatore del Movimento Kirk nel giugno 2012?
Non è certo all’orizzonte alcun ribaltamento generale dell’orientamento dei giovani, da sinistra a destra. Del resto, ci sono motivi anagraficamente e socialmente dominanti che rendono la migrazione impensabile, e neppure augurabile. Per un verso, i teenager hanno l’età giusta per essere ribelli, alla ricerca di se stessi, sognatori di un futuro migliore, e quindi per loro natura fortemente critici dello status quo. In famiglia, e nella società. Leggete le biografie del presidente Ronald Reagan, dell’economista Thomas Sowell, dell’icona del teatro David Mamet, -e sono solo tre esempi tra mille-, e troverete confermata la legge generazionale che vuole l’adesione alla sinistra da giovanissimi quale rito di passaggio verso la maturità dell’età della ragione. D’altra parte, non bastasse la loro inclinazione naturale, è la stessa pasta ideologica del corpo docente a indirizzare gli studenti a sinistra.
Subito dopo l’uccisione violenta di Kirk per mano di un 22enne di sinistra, l’università di Charlotte in Carolina del Nord (non certo un bastione blu come sono gli Stati del Nord Est o la California) ha tenuto un sondaggio tra i suoi 1000 professori, chiedendo in quale ideologia si riconoscessero: il 50,5% ha risposto liberal, il 30,4% moderato, l’11,4% conservatore.
Sondaggi precedenti alla fine violenta di Kirk confermano le proporzioni. Nel settembre 2024, un sondaggio del Buckley Institute tra i professori di Yale per misurare la loro febbre politica ha rivelato uno squilibrio innegabile, e irreparabile: il tasso di filo Democratici dichiarati rispetto ai filo Repubblicani è di 28 a 1.
E nel 2020, i ricercatori Mitchell Langbert (Brooklyn College) e Sean Stevens (Heterodox Academy) avevano interpellato 12.372 professori sulla loro affiliazione politica e avevano scoperto che il 48,4% erano registrati Democratici, e il 5,7% registrati Repubblicani, una proporzione di 8,5 contro 1.
Per quanto riguarda i finanziamenti politici, i professori universitari contribuiscono in media circa il 95% dei fondi ai Democratici contro il 5% ai Repubblicani.
In università con questi profili politici non stupisce che si sia consolidata la cancrena dell’intolleranza contro oratori esterni portatori di idee contrarie al mainstream di sinistra, soprattutto sui temi del supposto razzismo. In concreto, favorendo dormitori e cerimonie di promozioni separate pro-neri, una riedizione dei tempi della segregazione, stavolta politicamente corretta perché sostenuta da Black Lives Matter. Oppure, ed è una questione che ha fuso negli anni l’estremismo antisemita dei Democratici socialisti di Alexandra Ocasio Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley, Rashida Tlaib, e della new entry Zohran Mamdani (aspirante sindaco di New York), con i gruppi violenti di Antifa e dei militanti arabi pro Hamas e pro Palestina, ha preso quota l’impegno contro Israele del movimento BDS (disinvesti, boicotta, sanziona).
Le mobilitazioni delle frange si sono tradotte nelle pressioni sui rettori per impedire gli inviti degli ospiti sgraditi, o per farli cancellare, fino ai blocchi e alle minacce fisiche agli avversari.
In che senso, quindi, il clima nei campus può cambiare grazie al sangue versato da Kirk? I 200 mila che hanno partecipato al funerale di massa in Arizona il 21 settembre sono stati la manifestazione di lancio del movimento Turning Point USA (TPUSA). È da 13 anni che Kirk girava il paese da attivista pro MAGA nei campus, ma in semi clandestinità. Lo conoscevano i suoi seguaci più stretti (tra cui Trump), ma il suo “verbo” non aveva mai sfondato sui media.
Quando la vedova Erika, madre dei due figli orfani, ha parlato dal palco e ha detto “lo perdono”, riferita all’assassino del marito, ha dimostrato di che cosa è capace la fede cristiana. Ora si vedrà che frutti potrà dare la fiducia nella redenzione, il seme gettato agli americani, nelle università e nella società.
Il messaggio è chiaro, e sta nel titolo degli show che Kirk organizzava: “Prove me wrong”, dibattiti, rispetto reciproco.
Sembrava che la tolleranza fosse un concetto radicato nella cultura democratica. Ma era una illusione, come ha mostrato la vicenda di Charlie, ultima della serie di violenze politiche che hanno sempre insanguinato la politica americana (vedi Trump, nel mirino di due attentatori).
Con Turning Point USA, il quadro è cambiato. Prima della sua esecuzione, il leader Kirk non aveva superato quota mille sezioni nelle università americane. Il suo sacrificio (il cardinale Timothy Dolan lo ha paragonato a San Paolo) ha prodotto 30mila richieste spontanee di nuovi comitati TPUSA nelle prime 48 ore. Da allora il numero è esploso a 60mila prima della cerimonia di addio nello stadio di Glendale, presenti la vedova, il presidente Trump e il vicepresidente JD Vance, e ai 120mila di oggi, 26 settembre.
Sul piano dei contenuti politici dei TPUSA è scontato che la nuova leader, Erika Kirk, sarà portatrice della stessa linea pro MAGA, con accenti cristiani. Ma la vera novità, che potrebbe essere dirompente nei campus, è la diffusione dell’approccio “alla Kirk”, basato sulla tolleranza e sul confronto.
È sempre stato il mantra di Charlie e può moltiplicarsi esponenzialmente nelle scuole e nelle università. Se riesce, è una rivoluzione pacifica del buon senso, che toglierà spazio ai profeti delle rivoluzioni violente.