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Wall Street Journal: l’Italia troverà la sua strada? No, se non cambia

mercoledì 30 aprile 2014, di Vittoria Patanè

Il quotidiano economico più importante del mondo dedica oggi un articolo all’Italia e ai suoi problemi.
Per il Wall Street Journal}}, il nostro Paese è il simbolo di tutti i problemi che affliggono l’Eurozona.

Molti parlano di una Nazione che sta lottando per uscire dalla crisi e forse ci sta riuscendo, ma in realtà secondo il giornale americano si trova in una situazione di passaggio che potrebbe essere ancora più pericolosa. Da acuta infatti, la crisi si starebbe trasformando in cronica.

I problemi dell’Italia
L’articolo inizia raccontando una storia che ha radici lontane. Nel 1971 il giovane Bernando Caprotti decise di acquistare un terreno per costruirci un supermercato. Sono passati 33 anni, l’imprenditore ha oggi 88 anni ed è diventato il proprietario di un’importante catena di negozi, la Esselunga Spa. Eppure combatte ancora con la burocrazia locale che cerca di ostacolarlo in ogni modo.

Secondo il WSJ la storia di Caprotti è solo un piccolo “esempio dei persistenti problemi dell’Italia”:

L’Italia, come gli altri 18 Paesi dell’Eurozona, si sta lentamente riprendendo da 6 anni di recessione, portando molti a credere che la crisi si stia affievolendo. Ma le difficoltà nel mettere in atto un rinnovamento economico, sostengono economisti e imprenditori, dimostrano che la crisi non si sta allontandando, ma sta semplicemente cambiando forma. Passando da una condizione acuta ad una condizione cronica.

La nostra non è l’unica Nazione a trovarsi in questa situazione, spiega il WSJ, ma sicuramente è “un esempio in technicolor” di tutti i problemi che affliggono l’Europa: cresce pochissimo da quasi 20 anni, dal 2008 la sua economia si è contratta del 9% e quest’anno il Paese crescerà solo dell’1%, una delle percentuali più basse del continente.

A questo si aggiunge una burocrazia suicida che frena qualsiasi tentativo di miglioramento:

Senza una crescita più veloce l’Italia non riuscirà mai a risolvere il problema del debito pubblico ( attualmente oltre i 2 trilioni di euro) che si trova attualmente al 133% del PIL. Se il debito continuerà a salire, per l’Italia si ripresenterà il problema insolvenza, riaccendendo la fuga dei capitali verificatasi tra il 2011 e il 2012.

E poi ci sono le lungaggini burocratiche e le conseguenti difficoltà.

"Se si inizia una cosa oggi, ci potrebbero volere 15 anni per finirla. E poi ci si ritrova con un pugno di mosche, perché la dimensione o la location non funziona più",

ha raccontato Caprotti ai giornalisti americani.

"

Ci sono anche ostacoli culturali alla crescita. In Italia si definisce la propria identità con l’inclusione in specifici gruppi di interesse",

Gli fa eco Tito Boeri, professore dell’Università Bocconi di Milano e uno dei maggiori economisti italiani.

Il nuovo Premier Matteo Renzi vorrebbe cambiare le cose, ma “vista dall’estero l’Italia appare refrattaria a qualsiasi tipo di cambiamento”. Sia dal punto di vista imprenditoriale che politico sembra che la Nazione voglia crogiolarsi in uno status quo persistente da 30 anni, ma che attualmente non può portare ad alcun risultato.

L’unica soluzione è modificare l’assetto del nostro Paese partendo dalla base e coinvolgendo economia, commercio, mercato del lavoro, burocrazia, istituzioni, sistema di tassazione. Un cambiamento a tutto tondo che possa far ripartire l’Italia e trasformarla in qualcosa di diverso.

Se non si metterà in atto questo processo, l’Italia non ce la farà.

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