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Tiscali senza soldi e piena di debiti: urge accordo con le banche, altrimenti sarà fallimento
martedì 3 giugno 2014, di
Tiscali è una di quelle storie di borsa che sono state troppo belle per essere vere. Sul finire del 1999 il suo valore a Piazza Affari aumentò di un fattore pari a quasi 20 volte. Erano i tempi della bolla internet, quando società come Finmatica (chi?) valevano più di Fiat. Nel marzo del 2000 la bolla delle web company scoppiò in modo incredibile, lasciando migliaia di risparmiatori con il cerino in mano. Tiscali fu una delle più colpite: sul finire del 2001 le azioni della società sarda tornarono al punto di partenza, anzi il valore era addirittura più basso di quello pre-rally. Da allora Tiscali ha vissuto anni di oblio: salvo qualche sporadico strappo al rialzo provocato da famelici speculatori di breve periodo, la quotazione è diminuita fino a scendere sotto i 3 centesimi di euro!
Oggi il destino dell’internet provider sardo fondato da Renato Soru, che in borsa vale più o meno 7 centesimi, è appeso a un filo: se nei prossimi giorni non sarà trovato un accordo con le banche creditrici per rifinanziare il debito in scadenza, la società potrebbe saltare in aria e chiudere definitivamente i battenti. Entro il prossimo mese Tiscali dovrebbe rimborsare 108 milioni di euro di debiti, ma in cassa non c’è nemmeno un euro. In realtà nessuno conosce con certezza i dati societari, visto che non è stato ancora pubblicato il bilancio del 2013. L’obiettivo era almeno trovare un accordo ponte per ristrutturare il debito con le banche creditrici, ma ad oggi la soluzione a questa crisi infinita sembra davvero complicata.
Mercoledì è stato convocato il consiglio di amministrazione per capire come stanno realmente le cose e se ci sono i presupposti per salvare il salvabile. Dal 2009 Tiscali è presente nella black list della Consob, in quanto non possiede i requisiti per offrire specifiche garanzie agli investitori. Nessuno si azzarda più a investire nemmeno un centesimo nella società cagliaritana e il fallimento appare sempre più vicino. A fine aprile scorso Tiscali aveva in bilancio debiti finanziari netti, risalenti alla gestione Soru, pari a 198 milioni di euro. Tra l’altro il fondatore conserva una quota che sfiora il 18% del capitale, mentre tutto il resto è sparpagliato tra una miriade di piccoli investitori da tempo praticamente senza alcuna speranza di recupero del proprio capitale.
In cassa ci sono appena 5 milioni di euro, ma il dato più pesante è quello relativo al patrimonio netto della società: -150 milioni di euro. In pratica Tiscali non ha più capitale, per cui viene tenuto in vita solo dalle banche. I ricavi e la redditività industriale non sono completamente da buttare via (168 milioni nei primi nove mesi del 2013, con un ebitda di 43 milioni), ma il fardello del debito e la fragile struttura finanziaria appaiono un ostacolo insormontabile per mettere in salvo la società. La speranza è che il potere politico di Soru consenta di mantenere ancora viva qualche flebile speranza, visto che è stato appena eletto euro-deputato nelle liste del trionfante Pd, trovando così un accordo con le banche sul filo del rasoio.
Messaggi
3 giugno 2014, 10:38
Forse lei tralascia il fatto che si sia appena aggiudicata una gara CONSIP per 250 milioni in 7 anni per la sicurezza della PA.