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The Economist: l’Europa nel 2020. Quale sarà il ruolo della Germania?

venerdì 14 giugno 2013, di Federica Agostini

Fast-forward di sette anni e siamo nel 2020: il trentesimo anniversario dell’unificazione tedesca (e, cominciando a contare dal primo bailout della Grecia, il decimo anniversario della crisi dell’Euro). I leader da tutta l’Unione Europea arrivano a Berlino per celebrare l’anniversario in Germania. Quale sarà lo scenario a quel punto? Con che tipo di Germania avranno a che fare e in che tipo d’Europa vivranno?

Primo scenario: fate volare l’ottimismo

Immaginate che la zona Euro cresca ad una velocità positiva, all’interno di una robusta ripresa avviata dalla pulizia e dalla ristrutturazione del settore bancario europeo ad opera dall’unione bancaria europea del 2014. Le economie del sud Europa sono completamente rimesse in sesto con un mercato del lavoro più libero e più piccolo, con un governo più efficiente e grazie ad una serie di privatizzazioni audaci. La disoccupazione è in costante calo. Gran parte del merito spetta alle riforme interne, spronate da nuove regole di competitività di ispirazione tedesca. Ma parte del merito va anche al ruolo esterno rappresentato dagli aiuti finanziari. L’austerity è stata facilitata e i fondi di salvataggio sono stati convertiti in prestiti a basso tasso, spalmati per diversi decenni. Il Fondo di Trasformazione Europea, un’iniziativa europea di matrice tedesca, incoraggia gli investitori stranieri in partenariati con il settore privato e quello pubblico.

In questa rosea visione del futuro d’Europa, la divisione tra il Nord forte ed il Sud debole è sempre meno netta. Un boom delle esportazioni industriali che si estende dal Nord Italia ai Paesi Bassi, con la Germania al centro, attrae lavoratori da tutta europa.

Così, anche la Germania porta avanti la "Agenda 2020": un pacchetto di riforme introdotte dopo le elezioni del 2013 che fa aumentare gli investimenti interni ed esterni in progetti che vanno dalla formazione al risparmio energetico; tutti con lo scopo di riequilibrare l’economia.

Tanti posti di lavoro hanno spinto ad un boom edilizio in Germania e i prezzi degli immobili sono in aumento. Ma la circolazione umana non è stata tutta a senso unico e grazie al rinnovamento delle assicurazioni sanitarie UE, ad ad esempio, la Spagna gode di un fiorente business per le case di cura dei tedeschi anziani.

Secondo scenario: è facile immaginare il peggio

Eppure, guardando alla zona Euro, oggi gli scenari più oscuri sembrano i più plausibili. È fin troppo semplice immaginare l’Europa nel 2020 dopo aver perso un decennio senza crescita, col debito in aumento e la disoccupazione cronicamente elevata.

La gran parte del continente è in deflazione e la mentalità è rassegnata al declino, com’è accaduto in Giappone. Il sud Europa è ancor più giù, anche l’economia della Francia, in fin di vita. La capacità di questi paesi di crescere sarà permanentemente danneggiata poiché un’intera generazione di giovani sarà cresciuta senza alcuna esperienza di lavoro.

In questo scenario così pessimistico, le possibilità di reazioni estreme dalla politica sono elevatissime. Diversi paesi dell’Europa meridionale hanno abbandonato la moneta unica dopo che i partiti euroscettici sono saliti al potere.

L’Euro, ora confinato ad un gruppo di economie del nord Europa, è aumentato vertiginosamente colpendo la macchina tedesca delle esportazioni. Imprese e banche in Germania lottano contro i debitori insolventi e i controlli sui flussi di capitale sono onnipresenti.

Con la frammentazione come tema economico portante, il progetto di integrazione post-bellica rappresentato dall’Europa è ormai stato fatto a brandelli.

Nella mente degli ospiti invitati all’anniversario tedesco del 2020, ci sarà un carico di responsabilità e qualcuno borbotterà che la Germania ha distrutto un’altra volta il vecchio continente, per la terza volta in poco più di un secolo.

Si può evitare lo scenario distruttivo?

Quello che è necessario fare per evitare lo scenario più oscuro è un processo difficile, ma non impossibile. Per recuperare lo slancio vitale, la zona Euro non ha bisogno di un superstato di unione politica. Serve un’unione bancaria in grado di ristrutturare il settore bancario europeo, riequilibrare i bilanci e ricapitalizzare le banche di vitale importanza. Le norme comuni che servono per accrescere la competitività dell’Eurozona e sulle quali la Germania è così ostinata, possono in realtà essere riviste senza toccare i trattati Europei. Schemi sensibili all’incoraggiamento degli investimenti nel Sud Europa non richiedono la creazione di un fondo di trasferimento permanente.

La prospettiva (distorta) della Germania

Quello che questo report sostiene è che la responsabilità per il futuro non dipende soltanto dall’agenda di riforme che la Germania impone all’Europa ma anche da quelle che affronta in casa.

Il punto non è se la Germania sia o meno in grado di guidare l’Europa verso un futuro migliore, ma piuttosto se intenda davvero farlo. Più di ogni altra cosa, questo richiede un cambio di mentalità.

La Germania ha avuto una visione distorta della crisi dell’Euro ("causa delle disfunzioni nelle economie periferiche"); un’interpretazione incompleta del proprio successo economico ("perché abbiamo stretto la cinghia") e una scarsa consapevolezza dei legami esistenti tra la propria economia e le altre ("la Germania dev’essere protetta dal caos che avviene altrove").

Ma, almeno per il momento, non ci sono segni che Berlino intenda cambiare attitudine. Le ultime proposte bilaterali arrivate dalla Germania suggeriscono un "alleggerimento" del ruolo tedesco, non un vero e proprio cambiamento. Inoltre, la situazione sarà allo stallo fino alle elezioni e, qualsiasi sia l’esito, non aspettiamoci un cambiamento radicale della Germania nei confronti dell’Europa. Tuttavia, è è proprio guardando alle elezioni che scorgiamo almeno due possibilità di cambiamento.

La Germania e l’Europa del futuro secondo il The Economist

La prima possibilità di cambiamento, se la Merkel dovesse vince le elezioni vorrà certamente diventare colei che sarà annoverata dai libri di storia come la donna che salvò l’Europa, e non come quella che la fece fallire. Seconda chance per l’Europa, anche se i politici tedeschi fossero meno esigenti in futuro, il paese è ancora destinato ad un grande cambiamento nei prossimi anni. L’aritmetica demografica spingerà al rialzo le spese interne e renderà la società tedesca più internazionale.

Nel 2020 la Germania avrà moltissimi immigrati qualificati e molte donne a ricoprire importanti posti di lavoro. Sarà più di un polo di incontro Europeo. Ed è proprio questa, dunque, la ragione per essere fiduciosi. Il futuro d’Europa si farà in Germania, e il futuro della Germania sarà costruito in Europa.

Dal The Economist: German leadership. Overcoming the demons

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