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Prezzo del petrolio: lo shale oil torna forte, impianti in aumento negli USA

lunedì 12 settembre 2016, di Flavia Provenzani

Il prezzo del petrolio crolla nella sessione di lunedì, accompagnato da un ampio sell-off sui mercati azionari di tutti il mondo.
Quali sono i fattori che spingono l’odierno ribasso del prezzo del petrolio?
L’industria statunitense dello shail oil torna ad avere un effetto ribassista sulla quotazione del greggio, ostacolando ancora il test di quota 50 dollari al barile.

Il prezzo del petrolio torna a scendere: al momento il WTI segna un ribasso dell’1.46% a 45.21 dollari al barile, mentre il petrolio Brent cede l’1.15% a 45.46 dollari al barile.

Prezzo del petrolio in calo: pesa il nuovo boom dello shail oil

A spingere il nuovo ribasso del prezzo del petrolio sono i nuovi dati pubblicati nella giornata di venerdì: negli Stati Uniti è aumentato il numero di impianti di estrazione del petrolio. I produttori si stanno quindi adattando ad un prezzo del petrolio più economico, spingendo gli investitori a tagliare le posizioni long che puntavano su un ulteriore rialzo delle quotazioni.

I trader confermano che il recente ribasso del prezzo del petrolio, inaugurato venerdì scorso, è il risultato di un aumento dell’attività di estrazione del petrolio negli Stati Uniti, il che indica che i produttori riescono ancora a trovare una certa redditività con un prezzo del petrolio ai livelli attuali.

L’industria dello shale oil, dopo mesi di sofferenza, torna a pesare al ribasso sul prezzo del petrolio. Di questo passo il mercato teme che il superamento dello scoglio a 50 dollari al barile possa allontanarsi sempre di più.
Al momento l’industria statunitense del petrolio negli Stati Uniti sembra aver imparato a sfruttare in modo più che efficiente ogni singolo dollaro.

I produttori statunitensi hanno aumentato il numero degli impianti in funzione dieci settimane nelle ultime undici, come rivelato sal report di Baker Hughes pubblicato venerdì sul Calendario Economico. È la sequenza più lunga senza alcuna chiusura di impianti segnalata dal 2011.

Le recenti perdite di circa il 6% per il prezzo del petrolio a partire dall’8 settembre sono andate in parte a bruciare il rally di circa il 10% registrato ad inizio mese, che aveva spinto la quotazione di nuovo al test di quota 50 dollari al barile.

Il settore è sotto pressione anche per l’aspettativa di un altro flusso di esportazioni di prodotti petroliferi raffinati dalla Cina entro la fine dell’anno, dato che la domanda della maggiore economia e maggior consumatrice asiatica di petrolio continua a scendere.

Gli investitori sul petrolio sono diventati meni fiducioso sulla capacità del prezzo del petrolio di salire, fattore che si rispecchia nel taglio delle posizioni long sui futures del greggio, come riferito dai dati della Commodity Futures Trading Commission degli Stati Uniti (CFTC).

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