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Parigi, COP21: ancora lontani da un accordo sul clima

giovedì 10 dicembre 2015, di Rosy Merola

La COP21, la ventunesima sessione della Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in corso a Parigi è alle sue battute conclusive. Tuttavia, l’obiettivo di raggiungere un nuovo accordo internazionale sul clima – condiviso ed esteso a tutti i presenti – sembra essere ancora in alto mare.

Nella giornata di ieri è stata presentata una nuova bozza d’accordo. Si tratta di una rivisitazione del precedente documento che era stato presentato il 5 dicembre. Una bozza meno prolissa (si passa da 48 pagine alle 29 del testo attuale), ma che ancora evidenzia diversi punti di divergenza tra le parti. Nell’ultima versione sono 228 i passaggi da rivedere (mentre, nella prima stesura, erano più di 1.600) e 47 opzioni.

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COP21, i punti di disaccordo

«[…] And parties in a position to do so», ovvero «[…] e le parti (i Paesi) che sono nella posizione di farlo». Queste otto parole, fin dalla prima bozza, rappresentano il punto cruciale nel prosieguo delle trattative. Una frase contenuta nel passaggio riguardante l’aspetto finanziario (articolo 6 della bozza). Un argomento spinoso, stando anche alla serie di parti del testo contenute nelle parentesi quadre (che evidenziano i passaggi sui cui i presenti non si sono ancora accordati).

A tal proposito, molti argomenti sono ancora fumosi. Ad esempio, non è ben chiaro chi e in quale misura parteciperà al finanziamento delle azioni di mitigazione (nel linguaggio utilizzato dell’UNFCCC, per mitigazione si intende la riduzione delle emissioni di gas-serra) e la loro ripartizione tra i paesi. In sostanza, non è chiaro se sono chiamati a contribuire tutte le parti o solo quelli industrializzati.

Otto parole che i paesi industrializzati vorrebbero includere nell’accordo e che altri, come la Cina e l’India, sono restii a voler accettare. Perché ciò significherebbe assumersi uno sforzo finanziario più gravoso. Tuttavia, per i paesi con un’economia avanzata – rispetto al vertice di Rio de Janeiro, nel 1992, durante il quale fu adottata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici –, la situazione è notevolmente cambiata. Per questo, i paesi i via di sviluppo devono iniziare ad assumersi le proprie responsabilità per quanto concerne la riduzione delle emissioni di gas serra e, soprattutto, che partecipino anche in termini finanziari. Sotto tale aspetto, il termine centrale è “differentiation”, ossia differenziazione. Importante, appunto, perché rinvia al concetto di responsabilità.

In tale contesto, è da evidenziare l’unica novità riguardante il tema delle perdite e dei danni (“Loss and damage”, articolo 5 della bozza), dove viene discusso il meccanismo di compensazione dei paesi poveri per i danni che questi potrebbero subire a causa del cambiamento climatico.

C’è da dire che, in merito alla Cina, il vertice di Parigi ha già prodotto un passo in avanti rispetto ai precedenti incontri. Infatti, ’’la fabbrica del mondo’’ – come è stata definita da Pan Yue, vice direttore dell’Amministrazione statale per la protezione dell’ambiente (Sepa) (durante il 7° Forum Verde della Cina, lo scorso 18 giugno) – insieme agli Stati Uniti (ovvero i principali fruitori di energia e responsabili dell’emissioni di gas serra), hanno deciso di essere meno rigidi rispetto alle loro precedenti posizioni. Aspetto importante, se si pensa che il Protocollo di Kyoto non è mai stato ratificato dagli USA.

COP21, riduzione emissioni CO2

Altro nodo cruciale, che rappresenta l’obiettivo principale della Conferenza di Parigi, riguarda la riduzione dell’emissione di CO2. Le parti stanno discutendo se fissare il limite del global warming a 2°C, tra 2 e 1,5°C o meno di 1,5°C. Maggiore sarà la riduzione richiesta e maggiore sarà lo sforzo che i paesi in via di sviluppo saranno chiamati a dover affrontare. Questo tenendo presente che, come ha puntualizzato il Segretario di Stato americano John Kerry nella sua conferenza stampa, poco prima della diffusione della bozza d’accordo: «Il 65 per cento delle emissioni viene dai paesi in via di sviluppo».

Comunque sia, gli esperti si attendono che l’accordo di Parigi sancirà un livello sotto all’obiettivo 2 °C. Questo perché, stando agl’indici INDC, si stima che si potrebbe assistere ad un riscaldamento di 3-4 °C (almeno 2,7 °C in base alla stima UNFCCC, ndr), situazione che – se si verificasse – porterebbe a delle conseguenze catastrofiche, come sostenuto dall’IPCC .

Tuttavia, l’aspetto che rimane ancora molto incerto è la misura del taglio da applicare alle emissioni. Due le ipotesi sul tavolo delle trattative: riduzione del 40-70% oppure del 70-95%.

Insomma, prendendo in esame la bozza dell’accordo, è lapalissiano che c’è ancora molto lavoro da fare per trovare un’intesa soddisfacente. Troppi i nodi da chiarire, soprattutto riguardo ai temi decisivi della COP 21.

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