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PIL rivalutato: aumenta la pressione fiscale reale. Cgia: "Carico fiscale spaventoso"

martedì 23 settembre 2014, di Marta Panicucci

Applicando la metodologia aggiornata Sec2010 il Pil nominale del 2013 è in rialzo del 3,8%, quasi 59 miliardi di euro, rispetto ai dati diffusi a marzo. L’Istat ha pubblicato ieri i "nuovi" dati sul Pil italiano calcolato utilizzando la nuova metodologia di calcolo che prende in considerazione il giro economico derivante da contrabbando, droga e prostituzione, ma anche le spese per ricerca e sviluppo e per armamenti.

L’utilizzo della nuova metodologia non solo fornisce un "nuovo" dato sul Pil italiano, ma incide anche su altri parametri utili a stabilire la solidità dei conti pubblici che grazie a questo 3,8% tirano un piccolo sospiro di sollievo. Ma non solo. Secondo i dati diffusi dall’Istat la pressione fiscale, ovvero il peso delle tasse sul Pil, con la rivalutazione scende di uno 0,5%. Ma dalla Cgia di Mestre fanno giustamente notare che tale variazione è scaturita principalmente da traffici illegali sui quali il Fisco non guadagna un euro. Quindi mentre la pressione fiscale, così come calcolata dall’Istat appare più leggera, la pressione fiscale "reale" sui cittadini che pagano le tasse è invece più pesante.

Pil rivalutato
La rivalutazione del Pil incide su alcuni parametri di finanza pubblica che interessano particolarmente a Renzi e al Ministro dell’Economia Padoan. I 59 miliardi di euro racimolati grazie alla rivalutazione del Pil infatti, incidono sulla determinazione del rapporto deficit/Pil che scende dal 3%, tetto massimo fissato dall’Europa, al 2,8%. Uno 0,2% fondamentale che vale la certezza del rispetto dei vincoli imposti da Bruxelles.

Se il Pil rivalutato aumenta, per motivi puramente contabili, il suo rapporto con il debito pubblico cambia e passa dal 132,6% del vecchio calcolo al 127,9%.

La pressione fiscale
La pressione fiscale si calcola come il peso delle tasse sul Pil dal Paese. Crescendo il Pil, grazie alla rivalutazione, scende la pressione fiscale che secondo l’Istat passa dal 43,8% dal 43,3%.

La Cgia di Mestre però sottolinea come la pressione fiscale sulle persone che pagano le tasse in realtà aumenti notevolmente. La rivalutazione della pressione fiscale fornita dall’Istat infatti è falsata dal fatto che il Pil aumenta grazie al calcolo di attività illegali che quindi, in quanto tali, non sono sottoposte al pagamento di tasse e contributi. Ciò significa che il peso reale delle tasse si riversa totalmente sui cittadini che svolgono attività alla luce del sole e pagano onestamente le tasse.

La Cgia spiega che "se “storniamo” dalla ricchezza prodotta la quota addebitabile al sommerso economico e alle attività illegali che non producono nessun gettito per l’Erario, il Pil diminuisce (quindi si “contrae” il denominatore) e, pertanto, aumenta il risultato che emerge dal rapporto. Quindi, la pressione fiscale “reale” che grava su coloro che pagano correttamente le tasse è molto superiore a quella ufficiale che viene calcolata dall’Istat che, è bene sottolinearlo, rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat".

La pressione fiscale reale, come illustra la tabella sotto, tocca quindi la cifra spevantosa del 49,4%:

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