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ONU condanna Israele per le colonie in Palestina. Aumenta la tensione con gli USA

martedì 27 dicembre 2016, di Federica Ponza

Arriva decisa l’opposizione dell’ONU a nuovi insediamenti di Israele nei territori palestinesi.
14 voti favorevoli su 15 che hanno condannato la politica coloniale di Israele nei confronti della Palestina e che pongono un veto alla creazione di nuovi insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est, i cosiddetti territori “occupati palestinesi”.

Veto che, invece, gli Stati Uniti non hanno posto alla votazione, oltre al fatto di astenersi dal voto e decretare così la condanna univoca dell’ONU.

Evento storico, questo, visto che determina la presa di posizione ufficiale degli Stati Uniti sulla questione israeliana, oltre a rappresentare un’inversione di tendenza degli USA che negli ultimi 40 anni avevano sempre posto il veto quando si trattava di questioni di questo e nel 2011, addirittura, l’amministrazione di Barack Obama lo aveva fatto proprio contro una condanna simile ad Israele per la sua politica coloniale.

Dopo il voto, la tensione tra Israele e Stati Uniti è estremamente alta, tanto che Israele ha accusato gli Stati Uniti di tradimento e Ron Dermer, suo ambasciatore negli Stati Uniti, ha dichiarato di avere prove concrete del fatto che l’amministrazione Obama abbia scritto la risoluzione contro Israele per poi organizzare la votazione per farla approvare.

ONU, la risoluzione contro Israele: i fatti

L’ONU ha condannato Israele per la sua politica coloniale nei territori occupati palestinesi e lo ha fatto grazie a 14 voti favorevoli su 15, con l’astensione degli Stati Uniti.

Questo perché, sempre secondo l’ONU, i nuovi insediamenti israeliani costituiscono una violazione dei trattati internazionali e un ostacolo al raggiungimento della pace tra i palestinesi e gli israeliani.

Pace che sarebbe stata sancita dalla risoluzione n.242 del 1967 che stabiliva il ritiro delle armate israeliane dai territori occupati dopo il conflitto e il riconoscimento reciproco dello stato israeliano e di quello palestinese.

Risoluzione, questa, rispettata parzialmente da Israele, visto che in questi anni sono state molte le incursioni del governo israeliano nei territori occupati dai palestinesi, attraverso la confisca e la demolizione delle case di quest’ultimi per la costruzione di nuove case per i primi.

Da tempo, infatti, i palestinesi ambirebbero a costruirsi un proprio stato con capitale Gerusalemme est, ma tale ambizione è rimasta tuttora disattesa e la politica israeliana disincentiva fortemente una risoluzione in tal senso.

A dimostrarlo anche l’annuncio da parte di Gerusalemme della costruzione imminente di 618 nuove case proprio nella parte est della città, tutte destinate alla comunità israeliana.
E proprio la politica israeliana degli ultimi anni ha convinto gli Stati Uniti a non porre il veto, proprio perché negli ultimi anni non ci sono stati significativi sviluppi nel processo di pace.

L’ambasciatrice statunitense Samantha Power ha fatto sapere, infatti, che gli Stati Uniti non possono continuare a sostenere contemporaneamente la politica coloniale israeliana e la risoluzione pacifica fra Israele e l’Autorità palestinese.

L’ambasciatrice ha sottolineato anche che l’appoggio degli Stati Uniti ad Israele non viene meno, ma non sembra pensarla così Benjamin Netanyahu, primo ministro e ministro degli esteri israeliano, che ha visto l’astensione statunitense come un tradimento, mentre Danny Danon, ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, aveva dichiarato che la risoluzione presa dall’ONU è scandalosa.

Erano stati molti, infatti, i tentativi di Israele di evitare tale votazione, tra cui anche quello di contattare il presidente eletto Donald Trump, che si è sempre dimostrato favorevole alla politica di Israele e che, però, non ha voce in capitolo per ora visto che sarà ufficialmente in carica dal 20 gennaio del prossimo anno.

In ogni caso, l’opinione di Trump sulla vicenda non è tardata ad arrivare, visto che il neo presidente eletto ha fatto sapere tramite Twitter che per quanto riguarda l’ONU le cose saranno diverse dopo il 20 gennaio.

Le reazioni di Israele

Non sono state, dunque, positive le reazioni di Israele il cui primo ministro Netanyahu ha convocato per la sera di Natale gli ambasciatori di tutti i paesi membri che hanno votato a favore della risoluzione per esprimere il suo forte disappunto.

La convocazione natalizia è solo una delle ritorsioni che Israele ha fatto seguire alla risoluzione ONU. Netanyahu ha, infatti, cancellato la prossima visita ufficiale da parte di Volodymyr Groysman, primo ministro ucraino, ha richiamato i due ambasciatori israeliani in Nuova Zelanda e Senegal - stati membri del consiglio ONU - e ha cancellato gli aiuti finanziari previsti per il Senegal.

L’ambasciatore israeliano Ron Dermer, inoltre, ha fatto sapere di aver intenzione di consegnare a Donald Trump - quando dal 20 gennaio sarà ufficialmente in carica come presidente - le prove della presunta orchestrazione messa in atto dall’amministrazione Obama per scrivere la risoluzione contro Israele e poi organizzare la votazione per farla approvare. Sarà, poi, una decisione del nuovo presidente in carica se farle pervenire o meno ai cittadini americani.

In ogni caso, la volontà di Obama di trovare una soluzione pacifica al conflitto fra israeliani e palestinesi non è un mistero per nessuno, anche se finora non era riuscito in tale intento.

La votazione dei giorni scorsi all’ONU sembra muoversi in questa direzione anche se potrebbe finire in un nulla di fatto dal momento in cui Trump prenderà ufficialmente la carica di Presidente degli Stati Uniti d’America.

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