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Nuovo indicatore del costo dei prestiti nell’area dell’euro
martedì 20 agosto 2013, di
Il Bollettino di Agosto della Banca Centrale Europea pubblica un articolo (pagg.79-96) dal titolo “La trasmissione della politica monetaria ai tassi bancari al dettaglio nell’area dell’euro in un periodo di frammentazione finanziaria”.
Nel Riquadro 1 pagg.80-83 viene presentata la formula e si dichiara che nel calcolo sono impiegate quattro categorie di base dei tassi attivi per singolo paese: si tratta dei tassi sui prestiti a breve e lungo termine erogati sia per le società non finanziarie sia per le famiglie per l’acquisto di abitazioni. Chiaramente i prestiti presi in osservazione non tengono delle problematiche delle famiglie per altre esigenze come ad esempio per i consumi alimentari. Naturalmente le statistiche sui tassi di interesse tengono conto di due fattori tecnici aggiuntivi: l’importanza degli scoperti di conto quale importante fonte di finanziamento per le imprese in alcune grandi economie dell’area dell’euro (come l’Italia) e il calcolo di una stima della quota di prestiti a lungo termine emessi a tasso variabile.
Nelle conclusioni (pag. 96) si afferma che la divergenza dei tassi sui prestiti osservata dall’inizio della crisi finanziaria nel 2008 e la lentezza della loro risposta in alcuni paesi alle riduzioni dei tassi di interesse di politica monetaria a livelli prossimi allo zero riflettono in parte “cicli economici asincroni” e la “differenza del rischio di credito” percepito tra i vari paesi negli ultimi anni.
Il tasso di interesse di rifinanziamento della Bce è attualmente 0,50% ma quando si dice che “l’efficacia della politica monetaria è stata ostacolata dalla frammentazione finanziaria e si spiega che lo stimolo monetario introdotto dalla fine del 2011 ha esercitato un’influenza molto contenuta sulle condizioni creditizie generali in gran parte dell’area dell’euro” non si tiene conto che quella che proprio la “frammentazione finanziaria” è la caratteristica principale dell’area euro.
Molto discutibile è che la Bce abbia contrastato i rischi al ribasso per la stabilità dei prezzi in quanto proprio sullo “sullo sfondo di una crescente frammentazione finanziaria” mentre è vero che ha introdotto varie misure convenzionali e non convenzionali, tra le varie l’abbassamento dei tassi di interesse di riferimento, l’ampliamento del sistema delle garanzie dell’area Euro, le due operazioni di rifinanziamento a più lungo termine, la riduzione della riserva obbligatoria nonché l’annuncio delle “ODM” di fatto continua a non tener conto che i consumi sono diminuiti notevolmente.
Il potere di acquisto di stipendi, salari e pensioni continua a diminuire. Quello che interessa alla Bce è che i paesi agiscano contemporaneamente su vari fronti di politica economica e in particolare per quanto riguarda le finanze pubbliche e le riforme strutturali tese a promuovere l’attività economica e la stabilità finanziaria. Bene. La stabilità finanziaria che vuole la Bce produce in progressione privatizzazione dei servizi primari e pessime condizioni di vita con tensioni sociali spesso non governabili.