Home > Altro > Archivio > Legge di stabilità 2016: quando lo Stato non rispetta le scadenze
Legge di stabilità 2016: quando lo Stato non rispetta le scadenze
sabato 24 ottobre 2015, di
Il premier Matteo Renzi aveva annunciato l’approdo in Parlamento della Legge di Stabilità 2016 entro mercoledì 21 ottobre 2015, quindi con un ritardo iniziale di una settimana rispetto alla scadenza naturale che la normativa prevede per il 15 ottobre.
Perché questi ritardi? I continui dietrofront del Governo sui singoli provvedimenti sembrano andare dietro alle reazioni delle stampa e dei sondaggi, creando parecchia incertezza soprattutto in materia fiscale e del lavoro.
Legge di Stabilità 2016: scadenza non rispettata e ritardi
La Legge di Stabilità 2016 doveva essere presentata in Parlamento entro il 15 ottobre 2015. La normativa sull’economia e la finanza pubblica, infatti, prevede che entro questa data la Legge di Stabilità dovrebbe essere presentata alle Camere per rendere possibile un’ampia attività di discussione e revisione.
Nonostante questo, ormai da 5 anni, tutti i Governi che si sono succeduti hanno mantenuto questa "bizzarra" consuetudine.
I tecnici di Palazzo Chigi e del MEF rassicurano sul rispetto dell’iter formale della Legge di Stabilità: “la scadenza del 15 ottobre ha carattere ordinatorio e non perentorio”.
Tuttavia, il rispetto dei tempi è fondamentale. Vediamo perché.
Più tardi il testo ufficiale della Legge di Stabilità va in Parlamento, meno tempo hanno a disposizione le Camere per discutere e revisionare tutte le questioni.
Allo stesso modo, l’istruttoria formale che andrebbe compiuta dagli uffici del Quirinale slitta di diversi giorni, aumentando la confusione.
Risultato? Controlli minori e più veloci, meno qualità e un organo legislativo svilito nelle sue funzioni.
Legge di Stabilità 2016: perché tanti dietrofront?
L’aspetto più preoccupante di questa discussione sulla Legge di Stabilità 2016 sono i continui dietrofront sul Governo su diverse questioni aperte.
Per rimanere alla materia fiscale sono almeno 4 le grandi questioni annunciate in un modo e poi modificate e/o smentite:
- l’abolizione della TASI per ville e castelli, in un primo momento sembrava ufficiale l’abolizione della TASI poi proprio Matteo Renzi ha cambiato idea;
- il canone RAI: aumenta o non aumenta? In bolletta o no?
- partite IVA: regime dei minimi o forfettario? Da quando?
- soglia del contante, prima è certo l’innalzamento a 3.000 euro, poi la minoranza dem abbaia e sembra di nuovo in auge il limite dei 1.000, infine nuova smentita. A proposito di coerenza: nel 2012, in occasione delle elezioni primarie del PD, Matteo Renzi propose l’abbassamento della soglia del contante a 500 euro.
Questa confusione è grave perché dà l’idea di una situazione di colpevole incertezza nelle scelte di politica economica e fiscale del Governo. Si pensi al caso del super ammortamento. Se davvero partirà già nel 2015 alcune aziende potrebbero voler anticipare degli investimenti già programmati per l’inizio del prossimo anno. Chi dà loro la certezza dei tempi di approvazione della Legge di Stabilità? Che in ogni caso, è bene ricordarlo, deve essere perentoriamente approvata entro il 31 dicembre 2015, onde evitare l’esercizio provvisorio.
In definitiva, tutti questi dietrofront, smentite e polemiche sembrano seguire l’onda lunga delle reazioni registrate dalla stampa e dai sondaggi politici.
Legge di Stabilità 2016: il nodo coperture finanziarie
Giusto per non farsi mancare nulla questa Legge di Stabilità è ancora molto poco chiara dal punto di vista delle coperture finanziarie. Sempre per rimanere alla materia fiscale tiene banco la questione dell’IRES: la riduzione dell’aliquota al 27,50% si farà nel 2017 o già nel 2016? Secondo il Governo, l’anticipo della riduzione fiscale sarà possibile solo se da Bruxelles arriverà l’ok per un ulteriore sforamento del rapporto deficit-PIL dello 0,2%.
A questo proposito però sorge spontanea una domanda: non si potrebbe eventualmente agire sugli acconti IRES di novembre? Soprattutto alla luce del fatto che negli ultimi anni non si è trattato solo di acconti ma, di fatto, di anticipi di imposte da pagare negli anni successivi (gli acconti IRES erano fissati, infatti, nella misura del 101,50%).