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Legge di Stabilità 2016: reale beneficio alle tasche dei contribuenti italiani?
lunedì 19 ottobre 2015, di
I contenuti della Legge di Stabilità 2016 riusciranno realmente ad avere beneficio sulla situazione dei contribuenti in Italia?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo innanzitutto capire cos’è la Legge di Stabilità.
Ogni anno lo Stato italiano ha delle entrate (costituite soprattutto da imposte, tasse e qualche privatizzazione) ed uscite (rappresentate in particolar modo da spese per l’erogazione di servizi pubblici, pensioni e per pagare gli interessi sul debito pubblico).
Ipotizziamo che il governo preveda per il 2016 entrate pari a 1.000 ed uscite pari a 1.030.
In questo caso la Legge di Stabilità 2016 si concentrerebbe su 30, ovvero la differenza tra 1.000 e 1.030. In sostanza, la Legge di Stabilità “dovrebbe” mettere nel suo “mirino” la “presunta” differenza, prevista per l’anno dopo, tra le entrate e le uscite.
Utilizzo il condizionale in quanto i conteggi vengono svolti non sempre coerentemente con quanto riportato per analogo periodo dal Documento di Economia e Finanza (in sintesi DEF), sempre redatto dal Governo, avente quest’ultimo come riferimento bilanci pluriennali.
Ecco ad esempio la legge di stabilità 2015, la quale aveva in ballo 36 miliardi di entrate ed analogo importo in uscita:
Fonte: www.governo.it/governoinforma
Se guardiamo la colonna di destra (quella delle “uscite”) leggiamo tutta una serie di provvedimenti che non possono che far piacere agli italiani (bonus di 80 euro, riduzione dell’Irap, ecc.) senza apparentemente che vi sia un aggravio delle imposte e tasse per la comune gente onesta (cfr colonna di sinistra dove tra le entrate troviamo 11 miliardi di deficit, 15 miliardi di generica “spending”, 3,8 miliardi di lotta all’evasione, ecc.).
Il format di presentazione deciso per la legge di stabilità 2016 di cui si sta discutendo molto in questi giorni è leggermente diverso ma l’ottimismo di fondo non cambia; e gli annunci di Matteo Renzi, di Debora Serracchiani e di Filippo Taddei sui maggiori social network ne sono la prova:
Quelli che per anni si sono dimenticati di abbassare le tasse oggi dicono che la nostra legge di stabilità non funzioner...
Posted by Matteo Renzi on Venerdì 16 ottobre 2015
La legge di stabilità approvata oggi taglia le tasse e aumenta il potere d'acquisto dei cittadini. Le riforme funzionano #italiacolsegnopiù
— Debora Serracchiani (@serracchiani) 15 Ottobre 2015
Meno tasse per sostenere il lavoro,misure contro povertà perché nessuno resti indietro: così facciamo crescere la fiducia #Italiacolsegnopiù
— filippo taddei (@taddei76) 15 Ottobre 2015
Ecco inoltre uno stralcio preso dal sito ufficiale del Partito Democratico:
E da qui parte l’elenco di tutta una serie di riduzioni di imposte e tasse, come ad esempio:
Deve essere chiaro che i 26,5 miliardi di differenza tra uscite ed entrate 2016 “dovrebbero” essere il frutto di previsioni sulle seguenti voci:
- le entrate 2016;
- le uscite 2016, compresa la spesa per interessi;
- il debito pubblico; visto che il Governo deve stimare la spesa per interessi 2016, implicitamente deve stimare pure il debito pubblico che vi sarà nel medesimo anno;
- il pil 2016.
Se prendiamo la nota di aggiornamento al DEF 2015 pubblicata a settembre di quest’anno e presente nel sito ufficiale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, troviamo un’interessante tabella da cui possiamo estrapolare dei dati utili a capire che “forse” tutto questo ottimismo per il calo delle imposte/tasse non trova supporto neppure nelle analisi “tecniche” formulate dallo stesso Governo:
(1) La stima del 2016 dell’Indebitamento netto non include un margine addizionale di disavanzo che potrebbe arrivare fino allo 0,2 per cento del PIL come riconoscimento dei costi relativi all’accoglienza degli immigrati.
L’indebitamento netto è pari al saldo primario meno gli interessi.
Si nota subito che c’è qualche errore di arrotondamento, ad esempio nell’anno 2016.
Se l’indebitamento netto è - 2,2 % del pil e gli interessi sono il 4,3 % del pil, il saldo primario deve essere 2,1 % e non 2,0 %.
“Imprecisioni” (dovute agli arrotondamenti) a parte, è facile riscontrare come il saldo primario (ovvero la differenza tra le entrate e le uscite annuali, senza tener conto della spesa per interessi), è previsto in vertiginoso aumento negli anni; vedere gli importi espressi in miliardi di euro ci aiuterà ancora meglio a prenderne consapevolezza:
| 2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | |
| INDEBITAMENTO NETTO | -48,49 | -42,52 | -36,93 | -19,08 | -3,59 | 5,55 |
| SALDO PRIMARIO | 27,48 | 27,80 | 35,25 | 52,04 | 69,92 | 79,49 |
| INTERESSI | 75,97 | 70,32 | 72,18 | 71,11 | 73,50 | 73,94 |
| PIL | 1616,30 | 1635,40 | 1678,60 | 1734,50 | 1792,80 | 1848,60 |
(Valori in miliardi di euro)
Immagino non sia difficile per il lettore, giunto fino a qui, capire che avere un saldo primario elevato, ovvero:
- maggior tassazione;
- e/o minori servizi pubblici;
- e/o più onerosi servizi pubblici,
costituirebbe un ulteriore aggravio (e non da poco) per le tasche dei contribuenti italiani e non uno stimolo alla crescita; è vero che ci sono anche le cosiddette “privatizzazioni” (come quella di Poste di questi giorni) che, almeno apparentemente sembrano aver la funzione di “far cassa” senza penalizzare le tasche dei cittadini ma si è visto (ed è la storia che ce lo insegna) che nel medio / lungo termine sono sempre state deleterie in quanto, a fronte di un’entrata immediata per lo Stato, hanno poi visto riversare sulla popolazione che usufruisce dei servizi privatizzati un significativo rincaro dei costi.
Concludo con questa vignetta di Pippo, il personaggio della Walt Disney:
Con la speranza che sempre più gente prenda consapevolezza della dura salita che ci sta aspettando!