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L’omessa annotazione delle fatture nel registro degli acquisti non preclude la detrazione IVA
domenica 15 febbraio 2015, di
Con la sentenza n. 11168 del 21 maggio 2014 la Corte di Cassazione torna ad interessarsi di detrazione Iva. In particolare ci si riferisce al recupero a tassazione dell’Iva portata in detrazione, operato dall’Ufficio in quanto la società, alla data della verifica fiscale, non aveva ancora stampato su supporto cartaceo i registri Iva dell’anno precedente, conservati soltanto su supporto magnetico.
I giudici di merito hanno, invece, ritenuto applicabile il principio del favor rei, consentendo la trascrizione delle registrazioni informatiche entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale.
Nella sentenza si afferma che l’art. 7, comma 4-ter, del D.L. n. 357/1994 non prevede l’istituzione di un registro informatico alternativo a quello cartaceo, ma si limita a consentire un differimento temporale nella registrazione cartacea, sempreché, al momento della verifica, i registri tenuti su supporti magnetici risultino aggiornati e vengano immediatamente stampati su richiesta degli organi competenti.
Dato che la detrazione è subordinata all’annotazione delle fatture passive nel registro degli acquisti, in caso di mancata trascrizione delle registrazioni informatiche, la dichiarazione annuale nella quale i corrispondenti importi sono stati portati in detrazione si considera infedele, per cui l’Ufficio è legittimato a recuperare la relativa imposta.
Laddove, tuttavia, il contribuente sia in grado di dimostrare l’esistenza del presupposti che, dal punto di vista sostanziale, consentono l’esercizio della detrazione, il principio di neutralità fiscale esige che l’imposta stessa possa essere chiesta a rimborso.
Tali indicazioni sono conformi ai principi espressi dalla Corte di giustizia, per la quale l’inadempimento o l’irregolare adempimento degli obblighi formali e degli altri obblighi che gli Stati membri hanno facoltà di stabilire ove ritenuti necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare frodi non legittima tuttavia l’Amministrazione finanziaria ad escludere il diritto alla detrazione se gli obblighi sostanziali risultano osservati.
In pratica, una cosa è la violazione degli obblighi formali, altra è la necessaria prova dell’esistenza delle condizioni essenziali previste per l’esercizio della detrazione. In definitiva, in presenza di una violazione ‘‘formale’’ (intesa come inadempimento ad un obbligo contabile distinto dalle condizioni essenziali previste dalla Direttiva Iva per l’esercizio del diritto di detrazione), la questione da risolvere ai fini della detrazione è esclusivamente di natura probatoria: l’infrazione è irrilevante sul piano del rapporto impositivo laddove l’Amministrazione finanziaria disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa.
La Suprema Corte afferma, infatti, che
‘‘se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna (nella specie annotando regolarmente le fatture attive e passive nei registri dei corrispettivi e degli acquisti), graverà sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa prova; diversamente ove il contribuente non si attenga alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall’ordinamento interno, sarà onere dello stesso, a fronte della contestazione di omessa od irregolare tenuta delle scritture contabili (nella specie dei registri Iva dei corrispettivi e degli acquisti), fornire adeguata prova della esistenza delle ‘condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega la insorgenza del diritto a detrazione’’.