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Internet e la censura: cosa si nasconde dietro?
lunedì 20 maggio 2013, di
È passata un po’ in secondo piano, ma la legge per disciplinare il web non è lontana da una proposta di discussione. Certamente al momento ci sono temi più importanti da trattare, come ad esempio cercare di tenere unito il governo Letta, verso cui l’opinione pubblica ha perso la fiducia in poco meno di un mese, ma prossimamente si ricomincerà a parlare di bavaglio al web, di leggi ammazzablog, di diritto d’autore e chissà cos’altro ancora.
Un mese difficile per il web
In pochi giorni, il web è stato sulla graticola: dalla Boldrini minacciata e insultata a Mentana offeso e "dimissionario" su Twitter fino alla polizia postale che in pochissimo tempo si mette alla caccia di improvvisati satiri del web, rei di aver postato foto di una donna nuda somigliante alla Boldrini.
Che differenza c’è tra l’insulto via web e l’insulto in piazza? Perché al tempo dell’elezione del Presidente della Repubblica va ricordato che i cittadini di tutte le fazioni politiche hanno espresso il proprio dissenso ai politici non certo usando il bon ton, con tesserati del PD che bruciavano in diretta le proprie tessere del partito. Eppure il web è un luogo pericoloso dove sembrano celarsi individui pericolosi con l’intenzione di generare terrorismo virale. Anche il Movimento 5 Stelle, che sul web ha fatto la propria campagna elettorale, è stato vittima di un hackeraggio da un gruppo autodefinitosi “AnonymousPD” (un paradosso bello e buono già nel nome) che ha trafugato nelle e-mail dei parlamentari alla ricerca di notizie choc, violando la loro privacy.
Fermare il mezzo è davvero utile?
Il pretesto è stato ottimo per dichiarare ancora una volta guerra a internet. L’idea di fondo, caldeggiata sia a destra sia a sinistra, è la stessa utilizzata per cercare di fermare la violenza ultrà negli stadi: colpire il mezzo (lo stadio, il calcio, lo sport, così come il web), non chi ne fa illegalmente uso. Un po’ come se per fermare i ladri, si decidesse di chiudere tutte le gioiellerie.
Cosa si cela dietro i tentativi di regolamentare internet?
È naturale che ciò che si cela dietro questo desiderio di regolamentare il web è l’ignoranza di un mezzo che in Italia è sfruttato ancora molto poco rispetto al potenziale che ha. Chi lamenta la presenza di individui che si nascondono dietro un nickname, probabilmente non sa che nei servizi online così come nei social network in cui ci si iscrive, si ha l’obbligo di comunicare le proprie generalità o accettare termini e condizioni di utilizzo (che in pochissimi leggono) dove i comportamenti da adottare vengono disciplinati e regolamentati severamente, pena severe punizioni inflitte dalla legge.
Un’ignoranza che risulta piuttosto grave se si pensa che il web è il futuro e che è in esponenziale via di sviluppo, anche nel nostro Paese, seppur a rilento. Meglio credere a questa ignoranza che a una mentalità vicina a quella di Paesi totalitari come l’Iran e la Cina dove internet è controllato a vista. Ci mancherebbe solo un Minculpop che spia il popolo del web, pronto ad agire al primo insulto contro un politico (ma gli insulti che gli utenti della rete si rivolgono a vicenda da qualunque parte dove li mettiamo?).
Fare pace con il linguaggio di internet
Un’ignoranza di fondo c’è, inutile negarlo: sarebbe sufficiente ammetterla per capire quali sono i veri problemi del web e risolverli senza ordire una caccia alle streghe. L’inquisizione al tempo del web sarebbe un paradosso temporale che farebbe sganasciare dalle risate i Paesi democratici che hanno capito il potenziale (e i problemi) del web e sono scesi a compromessi con il suo linguaggio, che non è quello degli insulti, come qualcuno vorrebbe far credere.