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I pericoli della commistione tra funzione legislativa e funzione giudiziaria

martedì 10 gennaio 2017, di Erasmo Venosi

Un lungo dibattito ha segnato per anni lo scontro sul processo penale ma già in quel tempo era in ombra un altro rilevante procedimento caratterizzato da anomalie che caratterizzano la giustizia amministrativa. Questione rilevante, ma assente nel dibattito.

La giustizia amministrativa svolge un ruolo fondamentale e primario su questioni che riguardano l’ambiente, l’urbanistica, i diritti dei consumatori, la salute, il territorio, il paesaggio, gli ecosistemi e la partita infrastrutture prioritarie. Questioni di rilevante importanza sono discusse e oggetto di decisioni nei Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) e del Consiglio di Stato (CDS).

Questioni come il Mo.S.E, il Ponte sullo Stretto, tracciati autostradali, progetti alta velocità, inceneritori, tralicci della energia elettrica e delle telecomunicazioni la giustizia amministrativa non è apparsa veramente terza risolvendo, in via definitiva le questioni a favore della parte economicamente e politicamente più forte.

Atti amministrativi, che riguardavano grandi infrastrutture con enormi ricadute sull’ambiente, sulla salute e sulla finanza pubblica sono apparsi viziati sul piano della legittimità, ma non hanno trovato riscontro nella giustizia amministrativa.

La comprensione di quella che appare come l’emergenza delle emergenze si comprende meglio se rapportata alla modificazione avvenuta 17 anni fa sul cosiddetto “giusto processo” con modifica dell’art 111 e il riferimento, a una sentenza del Consiglio di Stato su un ricorso respinto perché l’oggetto del pronunciamento era “atto politico del Governo”.

Gli articoli della Costituzione che appaiono in contraddizione e, tali da suscitare interrogativi sulla giustizia amministrativa sono il 111 sul “giusto processo” ,che ha come condizione evidente la terzietà del giudice, l’art 100 dove il Consiglio di Stato è organo ausiliario del Governo e 103, che lo vede organo di giustizia amministrativa, per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi dei cittadini.

Ancor più la questione appare rilevante se solo si considera che ai sensi dell’art 103 l’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato sono limitate con ricorso in Cassazione. Ulteriori considerazioni sul giusto processo, che implica la parità delle parti, ma che è in contraddizione credo addirittura incompatibile con la nomina politica dei giudici del Consiglio di Stato come nei tribunali ad autonomia speciale Trentino-Alto Adige e Sicilia.

Accettabile la commistione fra le funzioni consultive verso il Governo e quelle giurisdizionali e, ancor più le funzioni di consulenza in incarichi extragiudiziari? Non è evidente il conflitto d’interesse considerato, che sovente sono atti del Governo a essere sindacati, in un processo dove il cittadino è parte potenzialmente lesa nei legittimi interessi?

Le sentenze della giustizia amministrativa concernono centinaia di miliardi di risorse pubbliche, potenziali stupri di territori, bellezze paesaggistiche, architettoniche, rischi per la salute e per gli ecosistemi e pertanto incredibile, che non si sia intervenuti per rimuovere questi conflitti di interesse!

L’altra questione citata è che per annullare un ricorso anni fa sul raddoppio della base USA di Vicenza il Consiglio di Stato classificò come “atto politico” l’autorizzazione concessa dal Governo utilizzando un regio decreto, il n. 1054 del 1924 e sottraendo al controllo di legittimità un atto del Governo. Un fatto gravissimo, per uno Stato di Diritto.

Il Consiglio di Stato è composto, per la metà da magistrati del Tar, la cui competenza viene valutata con riguardo all’attività giurisdizionale svolta, ai titoli e all’anzianità di servizio”, e il restante 50% è suddiviso tra vincitori di concorso pubblico per titoli ed esami e consiglieri di nomina politica.

Inoltre l’organo di autogoverno della magistratura amministrativa il Consiglio di Presidenza esprime un parere nella nomina soprattutto del Presidente. Era prassi consolidata fino, a quando il Governo Renzi ha deciso di scegliere autonomamente il nome del Presidente rompendo il criterio per decenni adottato.

In più a seguito norma (ad personam?) è stato aumentato di due unità il Consiglio di Presidenza dab19 a 21 con 6 laici eletti dal Parlamento. Un certo scalpore ha suscitato la nomina, a componente del Consiglio di Stato della responsabile del Dipartimento Affari Giuridici e Legali della Presidenza del Consiglio e già capo dei vigili urbani di Firenze.

La nominata ha un’età inferiore ai limiti previsti e quindi la deroga fatta a usum delphini dal Presidente Renzi.

La questione grave è la commistione tra una funzione legislativa (responsabile giuridica) e funzione giudiziaria oltre, che il fatto che è la politica a distribuire incarichi ai consiglieri di Stato come capi di gabinetto di ministeri, uffici legislativi o, a presiedere collegi arbitrali anche da parte di dicasteri governativi. Sulla “normalizzazione del Consiglio di Stato e Tar si gioca una partita decisiva (...): i lacci della giustizia amministrativa sono un nemico”.

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