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Gustavo Piga: l’Italia non deve uscire dall’Euro, deve ancora entrarci

mercoledì 27 marzo 2013, di Marta Panicucci

Forexinfo intervista Gustavo Piga, economista italiano, attualmente professore ordinario di Economia politica presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata.

Il professor Piga nei giorni scorsi ha commentato il salvataggio di Cipro da parte dell’UE attraverso il suo blog personale e nell’approfondimento economico di Radio24. Ringraziandolo per la disponibilità, riportiamo di seguito l’intervista rilasciata a Forexinfo.

  • L’Europa passa da una crisi all’altra: dopo la Grecia tocca a Cipro e la situazione economica in tutti i paesi della periferia sembra peggiorare lentamente di giorno in giorno senza segnali di una futura ripresa. Sono sintomi di un prossimo disfacimento dell’area?

Le crisi sono un momento importante per capire chi si ha di fronte e credo che questa crisi sia stata l’ennesima occasione persa da parte dell’UE per dimostrare che esiste un progetto geopolitico chiamato Europa; è stata la conferma di un progetto miope e contabile che non può portarci lontano. Il salvataggio di Cipro poteva essere un’occasione per dimostrare che l’Europa in quanto Unione è basata sulla solidarietà verso i membri in difficoltà. Il conseguente sentimento di gratitudine che sarebbe scaturito da un atto di solidarietà sarebbe stato il miglior collante per l’UE. Con i ciprioti invece, abbiamo mostrato tutto tranne che le ragioni per le quali dovrebbero rimanere nell’area dell’euro.

  • Sul suo blog Lei ha parlato di "piatto di lenticchie" per indicare l’esiguità della somma necessaria al salvataggio del paese, soprattutto se confrontata con il PIL dell’eurozona o con le somme mobilitate per il salvataggio di Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda. Ritiene che l’UE avrebbe dovuto mobilitare tale somma senza pretendere nessun contributo dai Ciprioti?

Quando una banca viene gestita male le persone che si sono occupate della sua gestione devono essere indicate come primi responsabili delle conseguenze. Penso che sia assolutamente giusto far ricadere le perdite su azionisti e creditori, ma non su coloro che non hanno avuto alcuna responsabilità. I correntisti sono cittadini europei, per noi sono risparmiatori esteri che ci aiutano ogni giorno a finanziare le nostre difficoltà, e quando andiamo a tagliare per somme pari al 30% del loro prodotto interno lordo mi chiedo quali segnali di giustizia diamo in quanto Unione, soprattutto considerando che quei 5 miliardi per noi valgono meno dell’1 per mille. In sostanza, per avere questi 5 miliardi di euro pagati dai cittadini ciprioti abbiamo perso il sostegno di un altro paese oltre la Grecia, sul “progetto Europa”. Così facendo abbiamo aumentato la percezione del rischio nel risparmiare in euro (che significa un maggior costo per finanziare il nostro debito) ed anche lo scetticismo generale su un progetto di Unione che così com’è non funziona. La quintessenza dell’Unione è la solidarietà.

  • L’accordo finale prevede un ripensamento sul prelievo sui depositi sotto i 100.000 euro. Questo migliora il giudizio che si può dare sulla gestione della crisi o rimarrà come un precedente psicologico che renderà più irrequieti i correntisti dell’intera area Euro? Ed ancora, il Presidente dell’Eurogruppo Djisselbloem ha parlato di “modello Cipro”, pensa che l’accordo possa costituire un precedente attuabile anche per altri aventuali casi simili?

Cipro dimostra che riutilizziamo sempre lo stesso modello. Non ci dimentichiamo che Cipro è stata ancorata ad un modello di fortissima austerità, ad una manovra fiscale incisiva; la logica quindi è rovesciata. Questo salvataggio dimostra che l’UE continua ad usare lo stesso modello che, in questo caso, è ancora peggio visto che è stata introdotta la novità della patrimoniale su chi non aveva responsabilità nella crisi. Dubito che il fatto di esserci tirati indietro sui prelievi sotto i 100.000 euro abbia cancellato i dubbi intorno alla manovra, al massimo li ha ridotti. Il danno ormai è fatto, si è dimostrata totale mancanza di sensibilità su queste questioni: nel caso quindi, si presentasse una crisi più forte di quella di Cipro (e trattandosi magari di un paese più grande sarebbe facile) non si può eslcudere che si possa ricorrere a mezzi che ormai si ritengono naturali. Con Cipro si è tornati indietro, ma in casi più gravi, si potrebbe anche decidere di non farlo.

  • Nella situazione attuale ritiene che per l’Italia sarebbe vantaggioso o svantaggioso uscire velocemente dall’Euro di propria iniziativa?

L’Italia a mio avviso dovrebbe rimanere nell’euro, ma soprattutto dovrebbe partecipare al progetto dell’Euro. La cattiva gestione del salvataggio di Cipro è la conseguenza della solita miopia dei leader, non soltanto tedeschi, noi li critichiamo tanto, ma i non-leader italiani e francesi sono quasi più responsabili dei tedeschi. Se ci adeguiamo sempre alle loro scelte, poi non li possiamo criticare, siamo noi i primi a non formare l’Europa creando dibattito e sedendoci al tavolo delle trattative. L’Italia come la Francia, non sta esprimendo niente in Europa, non credo sia colpa dei tedeschi se nel vuoto della leadership franco-italiana il modello che si afferma è quello tedesco, ognuno naturalmente cura i propri interessi. Se dovessimo uscire dall’euro il rinfacciarsi reciproco di colpe, gli stereotipi che si creerebbero, gli insulti bloccherebbero il progetto europa per altri 30 anni, questo significa altri 30 anni con minor crescita, minor opportunità per la futura generazione. Però teniamo presente che se uscire dall’euro significherebbe bloccare il progetto europa, restare nell’euro a queste condizioni, appare sempre più una scelta poco giustificabile. L’Italia a mio avviso, non deve uscire dell’euro, ma ci deve entrare, deve iniziare a far sentire la propria presenza ed esprimere opinioni.

  • Quando parla di vuoto di leadership italiano in Europa, si riferisce allo stallo politico attuale conseguenza delle ultime elezioni, oppure la mancanza dell’Italia si faceva sentire già da prima?

Le responsabilità del governo Monti, anche tenendo conto della difficile situazione che ha dovuto affrontare, sono comunque molto gravi; quelle del governo Berlusconi lo sono ancora di più. Il governo Berlusconi non ha mai fatto alcuno sforzo per l’Europa, il suo esecutivo non è mai stato imbevuto di cultura europea. Direi quindi che l’Italia è assente da tempo dal tavolo della trattative europee, e questo è un peccato.

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