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Frode: ecco perché il Decreto sui reati tributari salva Berlusconi e gli permette di ricandidarsi
lunedì 5 gennaio 2015, di
Ormai sembra diventata una costante. Si susseguono i Governi, cambiano i volti, i nomi, le correnti politiche, ma pare che le vecchie abitudini siano dure a morire.
Anche l’attuale Esecutivo entra di diritto nel novero dei Governi accusati di voler aiutare Silvio Berlusconi. Oggetto della polemica stavolta, è il decreto sui reati tributari, già considerato in generale un vero e proprio regalo agli evasori fiscali, approvato due settimane fa. Ma prima occorre fare un passo indietro.
La condanna di Silvio Berlusconi
Nell’agosto 2013, l’ex Presidente del Consiglio, nonché ex Cavaliere, viene condannato per frode fiscale. La pena accessoria è l’interdizione per 2 anni dai pubblici uffici. Non solo, per effetto della Legge Severino scatta anche l’incandidabilità. Secondo il Tribunale, Silvio Berlusconi avrebbe commesso una frode pari a 7,3 milioni di euro, ma l’accusa (andata poi in prescrizione) parlava di ben 350 milioni di euro.
Il decreto sui reati tributari
Il decreto sui reati tributari, del quale abbiamo parlato nel seguente articolo, nasconde al suo interno un escamotage che permetterebbe a Silvio Berlusconi di ricandidarsi. Un regalo dietro il quale molti vedono un accordo arrivato nell’ambito del tanto discusso patto del Nazareno, tanto più se si considera la necessità che l’Esecutivo guidato da Renzi ha di ottenere l’appoggio dei parlamentari di Forza Italia. A breve infatti si ripresenteranno alcuni passaggi delicatissimi: dalla legge elettorale alla riforma costituzionale fino all’elezione del Presidente della Repubblica.
Ma torniamo al decreto. L’Articolo 19-bis, prevede la non punibilità penale per l’evasione fiscale riguardante redditi o IVA, nel caso in cui questa non sia superiore
"al 3% rispettivamente dell’imposta sul valore aggiunto o dell’imponibile dichiarato".
Il decreto e Berlusconi
Una frase, una sola frase. Tanto basta per salvare Silvio Berlusconi. L’articolo 2 del Codice Penale stabilisce infatti che:
"Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali".
A questo punto dunque, l’ex Cavaliere sarebbe salvo: la frode fiscale per la quale è stato condannato infatti, rientra nel limite del 3% fissato dal decreto (come detto prima, la prescrizione ha ridotto a 7 milioni la frode a fronte di un imponibile Mediaset vicino ai 400 milioni).
Per effetti di quanto previsto dal Codice Penale quindi, la condanna di Silvio Berlusconi verrebbe cancellata e quest’ultimo sarebbe di nuovo candidabile. Se non è una grazia presidenziale, poco ci manca, anzi potremmo proprio definirla "grazia governativa".
Ieri Matteo Renzi si è preso la responsabilità della norma:
“La norma l’ho fatta inserire io, ma avevo ricevuto rassicurazioni tecniche da avvocati e magistrati”.
In seguito, il Premier ha annunciato l’intenzione di riproporre al Parlamento il testo che annulla la condanna per frode fiscale solo dopo che il leader di Forza Italia avrà finito di scontare la pena.