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Elezioni USA 2016: dibattito vicepresidenti, Pence eclissa Trump?
giovedì 6 ottobre 2016, di
Elezioni USA 2016: nel dibattito tra vicepresidenti Mike Pence si rivela il candidato più credibile in assoluto sul biglietto da visita di Donald Trump durante il suo debutto mediatico, dimostrando abilità che erano vistosamente assenti dalla prestazione del suo capo contro Hillary Clinton.
Dove Trump si è mostrato poco convincente e incoerente, Pence, aspirante vicepresidente repubblicano, ha rivelato eloquenza e sicurezza, e mentre il magnate è stato più volte colto di sorpresa nel suo primo dibattito presidenziale il mese scorso, il suo compagno in corsa per la Casa Bianca ha dato prova di solidità e astuzia nello scontro con il democratico Tim Kaine.
Le elezioni USA 2016 sono ormai alle porte, a novembre calerà il sipario sulla disputa per aggiudicarsi la presidenza degli Stati Uniti dopo mesi di polemiche, scandali e dibattimenti più o meno di dubbio gusto.
I candidati Clinton e Trump sono forse tra i personaggi maggiormente controversi della storia politica statunitense degli ultimi anni, hanno diviso l’elettorato fin dal primo momento in un’altalena di preferenze difficile da decifrare in modo definitivo.
Le elezioni USA non erano mai state tanto contestate, forse anche a causa dell’insoddisfazione generale per i due avversari, che alcuni ritengono tra le peggiori alternative che l’America abbia mai avuto a disposizione.
Nel confronto con Kaine di due giorni fa, Pence ha saputo rispondere ad una serie di domande ostiche su affermazioni discutibili del suo capo trasformandole in opportunità per dare una visione positiva dei piani del tycoon.
Vediamo ora nel dettaglio cosa è emerso nel dibattito tra i vicepresidenti.
Elezioni USA 2016: Pence vs Kaine, chi ha vinto?
Stando ad un sondaggio pubblicato dalla CNN, il 48% dei telespettatori che hanno assistito al dibattito vice presidenziale ha ritenuto Pence nettamente superiore alla sua controparte democratica.
Di fronte al tema spinoso della presunta evasione fiscale ventennale di Trump, Pence senza soluzione di continuità si è spostato sull’argomento del boom economico degli anni 80.
Alla domanda sulle uscite decisamente razziste del suo capo è riuscito a guidare la discussione su quanto l’America sia in debito alla sua polizia.
Il dibattito non sarebbe potuto arrivare in un momento peggiore per la campagna elettorale di Trump, ma Pence ha messo a frutto la sua esperienza da governatore dell’Indiana in tutto e per tutto.
In questi confronti mediatici, in cui il tono e la pacatezza contano quanto la sostanza, la sua performance controllata gli ha dato un vantaggio significativo.
Kaine, invece, si è mantenuto su linee guida standard, molto meno efficaci per il fatto che suonavano fin troppo studiate.
In sostanza Kaine sembrava a disagio nel ruolo di cane da guardia, che gli addetti ai lavori della campagna di Hillary avevano chiaramente cucito addosso al suo vice.
Il suo tempismo è stato pessimo, e Pence spesso ha parlato a ridosso dei tentativi di Kaine di interromperlo inserendosi con furbizia laddove perdeva terreno, deviando il dibattito.
Pence nonostante i continui riferimenti dell’avversario alle dichiarazioni ingiustificabili di Trump è riuscito a non impantanarsi in questi argomenti, d’altro canto il suo rifiuto di affrontare apertamente la sfida ha dato l’impressione che i commenti fatti da Trump fossero troppo eclatanti per meritare una difesa aperta.
Nel complesso la serata è stata probabilmente più utile agli elettori in termini di comprensione delle politiche del candidato rispetto al dibattito presidenziale, che si era subito proposto come uno show condito da troppi insulti personali.
Pence ha circumnavigato i temi caldi segnando qualche punto in più sul tabellone del suo capo, che dovrà comunque lavorare autonomamente per riscattarsi dopo le ultime infelici rivelazioni sul suo conto.