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Disoccupazione: Istat, in 3 milioni hanno smesso di cercare lavoro

giovedì 19 aprile 2012, di Daniele Sforza

2.108 milioni di disoccupati nel 2011 in Italia: è il dato riportato dall’Istat, una cifra che sfiora il record dal 2004, soprattutto per ciò che concerne quella categoria di disoccupati disposti subito a lavorare, ma che non cercano un impiego, i cosiddetti "inattivi".

I numeri della disoccupazione

2.108 milioni, ovvero l’8,4% del totale della forza lavoro: 1.114 uomini (7,6% della forza lavoro), 993.000 donne (9,6%). Gli inattivi sfiorano i 3 milioni, toccando precisamente quota 2.897.000, con un 4,8% in più su base annua, mentre per ciò che riguarda le forze di lavoro, il divario con il 2010 è dello 0,5%, attestandosi all’11,6%. Tra gli inattivi, la maggioranza la detengono le donne, con il 16,8%, mentre gli uomini rappresentano "solo" il 7,9%.
Il dato è allarmante se si pensa che gli inattivi italiani sono il triplo in confronto a quelli europei: più precisamente il 12,1% contro il 4,6%.Rispetto alle forze di lavoro, invece, gli inattivi italiani rappresentano l’11,6% contro il 3,6% della media europea, tenuta bassa da paesi come Francia Grecia e Germania che non superano l’1,5%.

Gli inattivi: un esercito di scoraggiati in attesa

Numeri che fanno specie, soprattutto se confrontati con il rapporto dell’Eures di qualche giorno fa, concernente l’elevato numero dei suicidi in Italia per chi è senza lavoro.

Ma cosa c’è alla base di questa inattività? Lo scoraggiamento: è il 43% ad aver dato questa risposta. La mancata ricerca di un impiego dipenderebbe così da un forte livello di scoraggiamento e demoralizzazione. La convinzione è che il lavoro in Italia non ci sia, come testimonierebbero i dati riguardanti l’aumento della disoccupazione, o che a trovarlo siano sempre i soliti noti (leggesi: raccomandati).
Pertanto, tralasciata la tensione dei colloqui, l’autostima ne risente, così come la paura di confrontarsi con un mondo ritenuto molto chiuso e al di fuori delle proprie capacità.
Tra le altre motivazioni, spiega l’Istat, "la cura dei figli e/o dei familiari rappresenta per la componente femminile il motivo più significativo della mancata ricerca del lavoro, interessando una donna su cinque, mentre per la componente maschile rimane, invece, rilevante l’atteggiamento di attesa dei risultati di passate azioni di ricerca". Pesano dunque, in maniera considerevole, anche gli invii e le presentazioni di curriculum vitae compilati in ogni loro singola parte in uffici e aziende: quel "le faremo sapere" accresce l’attesa, rischiando di far diventare gli inattivi italiani una serie di Vladimiro ed Estragone alla ricerca di un Godot che potrebbe non arrivare mai.

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