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BCE: NPL in calo nell’Eurozona. Da Unicredit metà delle cessioni italiane
mercoledì 26 aprile 2017, di
Le banche europee martoriate dalla crisi economica hanno ridotto in maniera sostanziale le sofferenze detenute in pancia, portando lo stock dai 972 miliardi di euro a 931 miliardi (ultimo trimestre 2016). Lo ha fatto sapere la BCE, negli ultimi mesi impegnata sul fronte dei piani di cessione e sulla diatriba interna concernente la normalizzazione della politica monetaria.
Se sul piano europeo, quindi nel complesso dell’Eurozona, lo stock di Non performing loans (NPL) diminuisce, in Italia gli ultimi dati forniti dalla Banca d’Italia evidenziano una montagna di NPL pari a 200 miliardi di euro lordi, circa 80 miliardi netti, che ne fanno la terza area economica più compromessa dell’Eurozona.
In assenza di un’accelerazione della crescita economica, il processo di ricovero a cui si è immolato il sistema bancario europeo difficilmente porterà risultati tangibili sul piano dello smaltimento delle sofferenze.
La BCE fa sapere che in Italia soltanto un istituto sta operando in materia di gestione delle sofferenze in linea col dettame della vigilanza europea guidata da Danièle Nouy: si tratta di Unicredit. Per la banca guidata da Jean Pierre Mustier lo smaltimento degli NPL rappresenta la priorità fin dall’approvazione del piano denominato FINO (“Failure is not an option”), aspetto che il Cda ha sottolineato con veemenza la settimana scorsa in occasione dell’approvazione del bilancio 2016 (chiuso in perdita).
BCE: l’Italia guardi a Unicredit per lo smaltimento NPL
Negli ultimi mesi la BCE si è espressa in maniera piuttosto nitida sul tema delle sofferenze bancarie: vendere sul mercato. Un’opzione, quella della cessione dei portafogli a intermediari terzi, che non convince la totalità degli istituti compromessi. Nel piano di Intesa Sanpaolo, ad esempio, si tende a preferire la gestione in house delle sofferenze in virtù di un tasso di sconto praticato dal mercato troppo alto.
Non sembra pensarla così Unicredit. Per l’Istituto guidato dal duo Mustier/Vita, la cessione delle sofferenze sul mercato rappresenta il marchio di fabbrica del Cda - che nei prossimi mesi, va detto, subirà un restyling di non poco poco conto: riduzione dei membri e dei vice-presidenti (che passeranno da tre a uno). L’obiettivo, come spesso dichiarato in queste ultime settimane, è fare di Unicredit una public company di rilievo internazionale.
Secondo i dati forniti dalla BCE, Unicredit è responsabile della metà delle riduzioni (in termini di NPL) registrate nell’ultimo trimestre 2016 in Italia. L’istituto di Francoforte si riferisce alla cessione di un portafoglio di NPL del valore di 17,7 miliardi di euro a Pimco e Fortress Investments, specializzati nello smaltimento dei crediti deteriorati (entrambe le società ad oggi hanno la lente puntata sull’Italia).
Il piano di smaltimento delle sofferenze proposto da Unicredit nel dicembre scorso è sottoposto all’attenzione della BCE è chiamo FINO, acronimo di “failure is not an option”, il quale è essenzialmente articolato in due fasi:
- la prima prevede un smaltimento sul mercato del 20% delle sofferenze entro il 2017;
- nel biennio successivo saranno smaltiti i residui.
A differenza di altri istituti i quadri di Unicredit concordano con la BCE circa il fatto di cedere sul mercato gli NPL, evitando la gestione in house. Opzione a suo tempo scartata dall’ex A.d Alessandro Profumo il quale, in linea con la forma mentis generale, ebbe a definire la cessione delle sofferenze come un’ulteriore operazione di svalutazione del credito deteriorato.
Com’è la situazione nell’Eurozona?
L’Italia non è di certo il solo Paese in difficoltà sul piano degli NPL. Come ha fatto notare la BCE, anche il sistema bancario Spagnolo presenta un grado di resilienza non indifferente in materia di smaltimento. Il Paese, va ricordato, si piazza subito dietro l’Italia e la Francia in termini di sofferenze accumulate ed è stato terreno di sperimentazione delle politiche di austerità che hanno in definitiva portato ad deterioramento dei crediti, presto divenuto inesigibili in seguito alla scoppio della crisi.
Un altro Paese che la BCE ha sentito di dover menzionare è l’Irlanda, altra realtà economica martoriata dalla crisi economica e dalla contrazione del ciclo creditizio. In questo caso, però, la BCE ha notato una riduzione delle sofferenze in pancia alle banche: da circa 38 miliardi si è passati sul finire dello scorso anno a 33 miliardi. Un dato che resta comunque preoccupante.