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Argentina rischia ancora la bancarotta. Peso si svaluta a oltre 8 per dollaro
lunedì 27 gennaio 2014, di
Una delle valute più colpite nel “venerdì nero” dei mercati emergenti è stata senza dubbio quella dell’Argentina. Nell’ultima sessione della scorsa settimana il peso argentino aveva iniziato gli scambi con una perdita di oltre il 15%, tanto che la banca centrale di Buenos Aires ha deciso di intervenire sul mercato dei cambi per vendere dollari. Alla fine la perdita giornaliera è stata limata all’8%, ma si tratta comunque della più pesante svalutazione avvenuta dai tempi dell’ultimo default del 2002, quando la seconda economia sudamericana fu costretta a dichiarare lo stato di insolvenza per un ammontare di 95 miliardi di dollari. Oggi lo spettro della bancarotta torna ad aleggiare sui mercati e a pagarne le conseguenze è stato subito il peso argentino, scambiato intorno a 8,18 per ogni dollaro sul mercato ufficiale.
Il superamento della soglia di 7 per dollaro era stato già uno shock non da poco, ma andare anche oltre gli 8 per dollaro sta facendo tremare il paese e con esso anche il resto dei mercati globali. Bisogna anche pensare che negli anni ’90 il cambio tra il peso e il dollaro era sulla parità. Da inizio 2014 il peso argentino perde quasi il 19% sul dollaro, ma la perdita va sommata al deprezzamento del 24% avvenuto lo scorso anno. In due giorni, però, il peso ha perso quasi il 14%. Intanto il governo di Buenos Aires ha annunciato di aver allentato i controlli sui cambi. Infatti, da oltre due anni erano in vigore una serie di restrizioni sugli acquisti in valuta estera. Il presidente Cristina Kirchner ha deciso di revocare il controllo sugli acquisti di dollari, entrato in vigore nell’ottobre 2011.
Da oggi i cittadini argentini potranno acquistare dollari e detenerli come “valuta di risparmio”. La Kirchner aveva come obiettivo la protezione delle riserve internazionali di valuta estera del paese, considerando anche che solo lo scorso anno era stati necessari più di 4,5 miliardi di dollari per difendere la moneta nazionale con gli interventi della banca centrale. Venerdì sono stati utilizzati altri 100 milioni di dollari per evitare guai peggiori al peso, ma le riserve internazionali sono scese a 29,3 miliardi di dollari, ai minimi da oltre 7 anni, quando invece a inizio 2011 era pari a 52,6 miliardi di dollari. Le turbolenze valutarie del paese si stanno riflettendo anche sui tassi dei Tango Bond, che sono saliti al 17% dopo che i prezzi sono crollati venerdì del 4,7% a 79,5 centesimi da 83,5. Lo scorso anno questi titoli avevano guadagnato il 19%. Intanto il FMI si è detto pronto a sostenere l’Argentina, per aiutarla a uscire da questa pericolosa crisi finanziaria.