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Un Tweet come nuova arma mortale? Ecco in che modo ci ha provato un marine

venerdì 24 marzo 2017, di Federica Scano

Usare un tweet con una GIF come “arma mortale” per colpire qualcuno, per fare del male. È questo il piano fortunatamente non riuscito che John Rivello, ex marine 29enne statunitense, ha ideato nell’era della tecnologia e della connessione social spasmodica.

Lo scorso dicembre servendosi di Twitter l’ex militare è riuscito a provocare un attacco epilettico ad un giornalista 55enne di Newsweek e Vanity Fair, Kurt Eichenwald. E adesso l’ex marine, attualmente in prigione, verrà giudicato dal Tribunale del Texas per l’accusa di aggressione aggravata e intenzionale a mezzo di internet.

Rivello per ferire Eichenwald ha scelto appositamente di inviare in un tweet una GIF, un’immagine animata che viene abitualmente condivisa sui social dai cyberutenti. Non stiamo parlando di una GIF qualsiasi, ma di una GIF psichedelica che emetteva fasci di luci stroboscopiche imitando un lampo.

L’intento della GIF inviata lo scorso 16 dicembre dall’ex marine era proprio quello di usare il tweet come arma mortale. Lo ha specificato lui stesso nel messaggio di accompagnamento dell’immagine animata: “Meriti un attacco epilettico per i tuoi post”. E così è stato.

Eichnwald si trovava a a casa quando ha ricevuto il messaggio sul suo smartphone. Lo ha aperto e non appena ha visto la GIF si è accasciato al pavimento in piena crisi epilettica per 8 lunghi minuti. Fortunatamente Kurt non ha riportato conseguenze grazie al soccorso immediato dalla moglie.

Gli investigatori dell’FBI hanno individuato il motivo del gesto: divergenze politiche inconciliabili. I due seguivano due opinioni politiche estremamente differenti e il marine, di estrema destra, non riusciva più a sopportare le comparsate del giornalista in televisione.

Prima dell’attacco con la GIF Eichenwald infatti era stato ospite in un dibattito televisivo su Fox News sulla campagna elettorale statunitense e sulla candidatura dell’attuale presidente Usa eletto Donald Trump.

Il marine dopo aver assistito all’ennesimo editoriale del giornalista contro Trump ha deciso di fermarlo prima partecipando ad una discussione iniziata su Twitter con un altro giornalista di Fox, Tucker Carlson, alla fine della trasmissione televisiva, e poi inviandogli direttamente una GIF.

GIF come arma letale: possono davvero far male?

Come è possibile che l’invio di messaggi sui social però possa provocare un malore fisico e quindi fare male? Nonostante sia veramente un episodio al limite del possibile in alcuni e rari casi una GIF può diventare un’arma di aggressione.

Lo sapeva bene l’ex marine che alle spalle aveva missioni militari in Iraq e Afganistan, dove gli Usa non fanno mistero di portare avanti le “black operations”, le operazioni segrete effettuate in clandestinità da un governo che spesso implicano azioni illegali come torture fisiche e psichiche.

Il 29enne infatti si era studiato bene il profilo psicologico e la condizione neurologica del giornalista e sapeva che l’uomo per sua ammissione soffre di epilessia. E ha costruito ad hoc una “bomba social” in grado di colpirlo.

In ogni caso gli esperti hanno dichiarato che questo tipo di aggressione da “GIF assassina” può colpire (e non è detto che lo faccia) solo le persone che soffrono di epilessia fotosensibile. Inoltre il rischio che possa essere davvero mortale è molto remoto e dipende dalle circostanze in cui si trova il soggetto.

Le investigazioni dell’FBI hanno poi portato al ritrovamento sul pc dell’ex marine di una biografia di Eichnwald con la data della morte risalente al giorno dell’aggressione e vari tentativi di GIF animate contenenti anche il personaggio “Pepe The Frog”, una rana usata negli ambienti della destra radicale statunitense. Tutte inneggianti all’odio verso le persone di religione ebraica come Eichnwald.

I marine e gli attacchi psichici

Non è la prima volta che i marine o ex soldati siano al centro di aggressioni psichiche e di episodi violenti. Dal cinema alla letteratura, sono molti gli autori che si sono interrogati sulle vicende che accadono realmente durante le campagne militari condotte dagli Stati Uniti in Medio Oriente.

Le missioni in Iraq restano le più misteriose soprattutto dopo lo scandalo del 2004 sulle torture avvenute nella prigione di Abu Grahib dove i marine umiliavano con aggressioni fisiche e psichiche i detenuti iracheni.

Le torture fanno parte delle cosidette “Black ops”, le “operazioni nere”, e le “Psychops”, le operazioni psichiche portate avanti dall’esercito statunitense nelle missioni di guerra. Entrambe le due operazioni sono al limite dell’illegalità (spesso sono proprio illegali) perché esercitano forme violente di torture e sevizie sia fisiche e sia psichiche violando i diritti umani riconosciuti dalle leggi internazionali.

Tutte queste operazioni comportano un grado elevato di inganno e dissimulazione su quello che in realtà si cela dietro all’accaduto. E spesso appaiono come operazioni “False Flag” cioè apparentemente sembrano che operino per conto di un ente diverso da quello effettivo, proprio come sotto “una falsa bandiera”.

Gli Stati Uniti hanno una divisione apposita della CIA che si occupa delle black operation e delle “attività speciali” come azioni politiche occulte e “operazioni speciali paramilitari” che prende il nome di Special Activities Division (SAD).

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