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Prezzo del petrolio tenta il recupero, ma JP Morgan non perdona: crollano le stime

giovedì 8 giugno 2017, di C. G.

Il prezzo del petrolio torna a salire nel disperato tentativo di limitare le perdite subite nelle ultime ore.

In realtà i rialzi attuali della quotazione stanno tamponando soltanto in parte quel crollo che ha portato il prezzo del petrolio Brent a scivolare su quota $48 e quello del Wti a crollare sui $45 a barile.

A pesare sulla quotazione di greggio continuano ad essere soprattutto i dati sulle scorte statunitensi, di nuovo in aumento per la prima volta in 10 settimane. La produzione USA è sempre stato un grande motivo di preoccupazione per il mercato e ha spesso reso vani i tentativi di equilibrio. Si pensi soltanto all’estensione dello storico accordo OPEC di Vienna fino a marzo 2018.

Se il nuovo accordo dei paesi produttori ha dato gas alla quotazione, gli ultimi eventi geopolitici, e soprattutto la produzione americana, hanno nuovamente affossato il prezzo del petrolio. La conseguenza? Previsioni sempre più funeste da parte degli analisti.

Prezzo petrolio: il fardello USA

Come già accennato a pesare sulla quotazione sono stati soprattutto i dati sulle scorte di greggio statunitensi resi noti dal Dipartimento dell’energia. Nella precedente rilevazione le giacenze di petrolio erano crollate di 6,428 milioni di barili e, sulla scia di tali ribassi, per l’ultima settimana gli analisti avevano previsto un altro calo di 3,464 milioni di barili.

Contro ogni aspettativa le scorte hanno segnato un boom di 3,295 milioni e si sono assestate a 513,207 milioni di barili. In aumento anche le giacenze di benzina e carburante distillato. Come conseguenza il prezzo del petrolio è sprofondando rendendo vani tutti gli sforzi dell’OPEC di riequilibrare il mercato.

Il contesto in cui si muove il prezzo del petrolio

Se le scorte USA hanno contribuito al crollo della quotazione, l’attenzione dei trader si è concentrata anche sulle tensioni geopolitiche che da un momento all’altro potrebbero far oscillare in maniera evidente i prezzi. Il riferimento è alla questione Qatar e alla rottura delle relazioni diplomatiche (e dei trasporti) con Arabia Saudita, Egitto, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti.

Il Qatar è stato accusato di finanziare e appoggiare il terrorismo, oltre che di intromettersi eccessivamente negli affari interni degli Stati appena citati. La rottura tra i due “blocchi” ha subito messo in discussione la tenuta dell’accordo OPEC sulla produzione, ma la quotazione del petrolio ha beneficiato dell’interruzione temporanea delle forniture non risentendo, almeno per ora, di tali minacce al compromesso di Vienna.

A tutto ciò si aggiunga anche la ripresa delle attività della Royal Dutch Shell in Nigeria: i flussi interrotti nel mese di febbraio, di circa 200 mila barili giornalieri, sono stati riavviati. Anche questo potrebbe ulteriormente contribuire ad affossare il prezzo del petrolio.

Petrolio tenta recupero, ma JP Morgan non perdona

Nonostante l’attuale tentativo rialzista della quotazione, alcuni analisti si sono ormai pronunciati in modo piuttosto negativo sul petrolio e sulle previsioni in merito. Tra questi JP Morgan che ha tagliato le stime 2018 di ben 11 dollari a barile.

Gli analisti ora si aspettano non soltanto che la produzione USA continuerà a mettere in difficoltà l’OPEC, ma anche che l’accordo sulla produzione crollerà entro la fine dell’anno. In virtù di tali pessime previsioni JP Morgan ha tagliato le stime 2018 sul prezzo del petrolio Wti da $53,50 a $42 e le stime sul Brent da $55,50 a $45.

Non solo JP Morgan, ma anche altre banche di investimento hanno rivisto al ribasso le loro stime sul petrolio. La scorsa settimana da Goldman Sachs hanno tagliato le previsioni 2017 sul Brent da $56,76 a $55,39 e anche le previsioni sul Wti da $54,80 a $52,92.

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